
Cosa sarebbe accaduto nel panorama internazionale se Trump non avesse perso le scorse
elezioni americane? E ancora di più, cosa accadrebbe se Trump dovesse competere e poi vincere
le presidenziali del 2024? Inutile definire cosa sarebbe accaduto con la vittoria di The Donald nel
2020, ma è molto interessante cercare di comprendere cosa potrebbe fare Trump una volta
tornato nello studio ovale, e non più digiuno dei meccanismi di funzionamento della macchina
statale americana come invece gli accadde durante il suo primo mandato.
Per cercare di capire l’atteggiamento futuro di Trump, dobbiamo analizzare le sue azioni durante il
primo mandato e le sue dichiarazioni durante questo 2023 propedeutico alle primarie del Partito
Repubblicano.
Ogni presidente americano ha la sua guerra, e anche Trump ha avuto la sua, da molti non ben
osservata, forse nemmeno intravista. Quella di Trump è stata una guerra alla Cina, o meglio alla
potenza industriale e in parte anche economica cinese. Era ed è la Cina, nella visione geopolitica
mondiale, il vero nemico degli Stati Uniti; capiamoci subito, anche per l’amministrazione Biden il
nemico vero, quello della battaglia è e sarà la Cina, con la grande differenza che la parte
democratica, nella sua strategia, prevede prima di tutto la sconfitta della Russia, non tanto per il
fatto che potrebbe essere uno scomodo alleato cinese (come invece ora Mosca è diventato), ma
per la possibilità che una volta sconfitta sul lungo termine la Cina, gli Stati Uniti avrebbero potuto
doversi confrontare con un nuovo competitor formato da una alleanza di interessi tra Europa e
Russia, tra Mosca e Berlino, che sarebbe in grado di generare un polo economico industriale
dotato di energia, tecnologia, denaro e inventiva.
La guerra in Ucraina ha cambiato tutto, interrotto il dialogo tra Europa e Russia, bloccato le
forniture di energia da Mosca, anche fisicamente con la distruzione dei gasdotti North Stream, e
ha determinato lo schieramento quasi unanime delle Nazioni europee al fianco di Kiev, senza che
l’Ucraina fosse membro dell’Unione Europea o della NATO.
Trump manterrà la stesa postura di Biden? Osservando i suoi atti da presidente e le sue
dichiarazioni odierne la risposta è: no. Trump probabilmente tornerà alla sua politica di
contenimento cinese basata su tre punti: agire sui fornitori di energia (Russia e Iran), limitare
l’accesso all’energia da parte di Pechino (regioni ricche di idrocarburi nel Mar Cinese Meridionale),
utilizzare dazi (anche solo legati alla differenza di welfare tra occidente e Cina), per limitare la
concorrenza non lineare della Cina nei confronti di Europa e Stati Uniti.
L’azione sui fornitori di energia sarà più complessa rispetto al 2020, quando ci si doveva
confrontare solo con le strategia necessarie a limitare le esportazioni di Teheran verso Pechino,
oggi con la Russia privata di ogni mercato occidentale non basterà la politica aggressiva verso
Teheran, ma Trump dovrà coinvolgere la Turchia di Erdogan come mediatore necessario a deviare
il gas russo verso occidente, fatto per nulla scontato e che comunque presuppone la fine della
guerra in Ucraina.
Limitare l’accesso di Pechino ai mari è un punto che probabilmente hanno in comune sia gli
strateghi repubblicani, sia l’attuale amministrazione democratica. Gli Stati Uniti sono
fondamentalmente una talassocrazia, il potere americano si esercita sui mari, così come gli
scambi commerciali e la proiezione di potenza degli USA utilizza ed è dipendente dai mari. Nella
storia gli Stati Uniti sono spesso scesi in guerra o hanno attaccato militarmente un altro paese quando veniva minacciata la loro superiorità marittima. È accaduto nella seconda guerra mondiale
quando il nemico vero degli Stati Uniti era la potenza marittima giapponese e non la potenza
terreste tedesca, accadde con Panama quando il dittatore locale minacciò i transiti attraverso
l’istmo centroamericano, accadde con la Libia quando Gheddafi dichiarò il golfo di Sirte come
parte delle acque territoriali libiche, accadrà con la Cina che ha avviato il più importante piano di
riarmo marittimo della storia, con l’obiettivo di eguagliare la potenza militare marittima americana
entro il 2030, trasformandosi così nel vero nemico di Washington. Limitare l’accesso di Pechino
alle acque aperte dell’Oceano Pacifico è un obiettivo raggiungibile militarmente mantenendo una
“cintura” terrestre sotto il controllo americano. Il perno di questa cintura é l’isola di Taiwan, i
cardini esterni sono rappresentati dal Giappone e dalla Corea del Sud, mentre la riserva in
profondità è rappresentata dall’Australia con il Vietnam e le Filippine che dovranno essere portate
diplomaticamente integralmente al fianco degli Usa. In questa ottica nel caso in cui Trump
tornasse al potere osserveremo una netta accelerazione nel rafforzamento della cintura Corea-
Giappone-Taiwan con la probabile richiesta agli alleati occidentali (UK in prima battuta, ma anche
Francia, Italia e Spagna) ad essere pronti ad una proiezione di potenza verso l’estremo oriente,
proiezione di potenza militare che le recenti esercitazioni italiane, britanniche e francesi hanno già
testato come studio di fattibilità, ad esempio la nostra portaerei Trieste sarebbe un assetto
perfetto per questo compito insieme ai cacciatorpediniere classe Orizzonte e alle fregate FREMM.
Anche in questo caso la cessazione delle ostilità in Ucraina rappresenterebbe un fattore favorente
l’impegno americano in Oriente.
Il terzo punto è rappresentato dai dazi commerciali, ampiamente impiegati da Trump per un valore
di diversi miliardi di dollari e che hanno spinto numerose imprese americane ad un decoupling
dalla Cina e a riprendere la produzione di beni materiali negli Stati Uniti. Questo processo di
disaccoppiamento non è invece mai iniziato tra Cina ed Europa rendendo il nostro continente
dipendere dai beni cinesi, come e probabilmente di più di quanto non fossimo dipendenti
dall’energia di Mosca alla fine del 2021. Agire con i dazi potrebbe innescare accuse di
protezionismo e far si che la Cina si appelli all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Ma se i
dazi verrano motivati non da un generico protezionismo, bensì da una motivazione di equità,
allora le opinioni pubbliche occidentali e anche la WTO si troverebbero dinanzi ad un fatto del
tutto nuovo, senza precedente alcuno.
I dazi quindi dovrebbero agire per annullare il vantaggio competitivo determinato dalle condizioni
di lavoro degli operai cinesi e spingere così la Cina a migliorare le condizioni di lavoro delle
maestranze. Sfruttare il lavoro dei cittadini cinesi, sebbene essi spesso non percepiscano come
sfruttamento quello che vivono quotidianamente, farà si che la Cina possa avviarsi verso un
cammino di sviluppo più sostenibile, soprattuto per gli uomini e le donne che sacrificano la loro
vita per far arrivare in occidente beni commerciali a bassissimo costo. I Dazi sul Welfare
elimineranno la concorrenza sleale della Cina e proteggeranno i più deboli della Cina,
permettendo alle nostre industrie (di ogni dimensione) di recuperare quote di mercato e quindi
ridare slancio elle nostre economie, all’occupazione, e anche al nostro stato sociale, americano,
italiano o Europeo che sia. Come effetto collaterale determinerebbero, soprattuto in Europa un
incremento dell’inflazione, la quale già a determinato problematiche significative in una zona del
mondo dove i salari non vengono incrementati in maniera sufficiente già da troppi anni. L’aumento
delle spese militari per la guerra in Ucraina ha poi impedito di attuare politiche proattive di ampio
respiro proprio durante la fiammata inflativa, anche in questo caso la cessazione delle ostilità in
Ucraina potrebbe permettere all’Occidente di essere più incisivo nei confronti di Pechino.
Trump, una volta alla Casa Bianca, potrebbe quindi premere per interrompere le ostilità in Ucraina,
anche al costo di cessioni territoriali di Kiev a Mosca, e focalizzare lo sforzo Occidente, in
particolare quello economico ma supportato concretamente da una solida forza militare
comunque pronta a dispiegarsi ad Oriente, contro la Cina e la sua trasformazione in potenza
marittima. La guerra russo-ucraina ha inoltre radicalmente cambiato i rapporti tra Unione Europea
e Russia, rendendo l’ipotesi di una collaborazione strategica tra Mosca e Berlino una pura utopia,
anche questo elemento favorirà l’attenzione americana a bloccare l’espansionismo cinese. In
sintesi con Trump alla Casa Bianca il supporto americano a Kiev potrebbe ridursi
significativamente per lasciare spazio ad una guerra commerciale (e forse anche campale) con
una nuova talassocrazia emergente di nome Cina.