In questi roventi giorni a cavallo tra luglio e agosto sono state pubblicate numerose statistiche sui principali indicatori macroeconomici di mezzo mondo. Mentre l’Europa annaspa senza requie nella palude dell’incapacità decisionale, cosa succede agli altri player mondiali? Oggi guardiamo a Oriente e per l’esattezza analizziamo alcuni indicatori dell’economia cinese.
Il 2012 ha segnato una discesa continua dell’indicatore PMI, attualmente l’indice ufficiale si è attestato inaspettatamente a 50,1. E questo non è un segnale positivo, innanzitutto perchè gli analisti si aspettavano un incremento, non un calo, e in secondo luogo perchè l’indice manifatturiero ha toccato il suo minimo negli ultimi 8 mesi. Ricordiamo che un indice PMI inferiore a 50 è generalmente considerato indicatore di un ciclo recessivo. Chiaramente non è saggio testare la consistenza di una economia basandosi su un solo indicatore ma, come i nostri lettori sanno, da mesi ormai andiamo a sondare in modo analitico una molteplicità di indicatori: e tutti parlano la stessa lingua e ci raccontano la medesima storia, l’economia cinese sta rallentando.
Vi è tuttavia un aspetto piuttosto interessante circa l’indice manifatturiero. Come abbiamo appena detto, l’indice PMI ufficiale si attesta a 50,1, tuttavia l’indice PMI elaborato da HSBC1 si attesta a 49,5 quindi sicuramente in territorio recessivo. Tuttavia l’indice PMI di HSBC è al suo massimo negli ultimi 5 mesi (a giugno era a 48,2). Lungi dall’essere un segnale di crescita economica, come possiamo interpretare la differenza tra questi due indici (che in realtà dovrebbero misurare lo stesso fenomeno)?
In realtà l’indice ufficiale e l’HSBC non misurano esattamente la stessa grandezza, il primo coglie le dinamiche legate principalmente alle grandi aziende (comprese quelle di proprietà governativa). L’indice HSBC è più sensibile alle imprese medio-piccole. In un ciclo economico negativo, sono proprio le piccole e medie imprese a soffrire maggiormente a causa della congiuntura mondiale (le esportazioni verso il resto del mondo calano), senza dimenticare la maggiore difficoltà di accesso al credito.
Vi è comunque un’ulteriore spiegazione, sicuramente meno ortodossa, ma non meno supportata da molti analisti, ovvero la qualità e affidabilità dei dati ufficiali del governo cinese.
Non volendosi fermare al solo indice PMI, vogliamo sottoporre alla vostra attenzione un altro indicatore indiretto, ma non meno importante: il volume di merci trasportate su rotaia. Per la prima volta dal 2009, l’indice su base YoY è scivolato in territorio negativo. A giugno il totale di merci trasportate ha fatto registrare un valore pari a -3,1%. Nel 2009, anno in cui la crisi imperversava nel mondo, le merci trasportate calarono del 10% sempre YoY.
Le proiezioni effettuate da alcuni centri di ricerca, basandosi proprio sul volume delle merci trasportate, prospettano un ulteriore calo dell’indice PMI ancora per qualche mese, fino a raggiungere il proprio minimo assoluto.
Infine, come dei bravi topografi che debbano calcolare l’altezza di una montagna, possiamo triangolare i dati cinesi con altre due grandezze molto significative: l’indice PMI australiano, da un lato, e le esportazioni sud coreane dall’altro.
Per quanto concerne l’indice PMI australiano, ha fatto registrare un vero e proprio collasso: dal valore di giugno pari a 47,2 è precipitato al livello di luglio a quota 40,3. E’ importante guardare all’Australia per meglio mettere a fuoco il futuro prossimo cinese, dal momento che questa è uno dei principali partner commerciali della Cina, nell’area pacifica. Per inciso l’indice PMI di tutti gli altri paesi del Far East che commerciano con la Cina è scivolato sotto quota 50.
Non ci resta che dare uno sguardo alle esportazioni sud coreane, precipitate dell’8,8% a luglio (3,7% atteso dagli analisti).
Il quadro è ora completo e purtroppo non è roseo. Rimandiamo ad una futura analisi per conoscere l’andamento delle commodities.