Da venerdì 22 giugno, giorno dell’abbattimento del caccia turco F-4E da parte dell’antiaerea siriana, una serie di voci si è levata ad ogni livello nelle diplomazie degli stati e nei consessi internazionali al fine di condannare o ridurre l’impatto del grave scontro armato che si è svolto nei cieli al confine delle acque territoriali siriane. Hanno parlato capi di stato, ambasciatori, responsabili di organizzazioni internazionali e tantissimi analisti. Anche il presidente russo Vladimir Putin ha ripetutamente preso la parola in patria e all’estero per mettere in chiaro il punti di vista della Federazione Russa sulla vicenda. Un punto di vista che vede l’abbattimento del caccia di Ankara come un fatto dettato dal diritto di autodifesa di Damasco, o nella migliore delle ipotesi di un incidente causato da valutazioni non corrette. Ad ogni modo con le parole di Putin la Russia ha chiarito la sua posizione, siamo al fianco della Siria in questo scontro che è in arto con la Turchia, continueremo ad asssistere Damasco, continueremo con le spedizioni di materiale bellico, e in caos di necessità siamo pronti ad aumentare il nostro contingente di uomini e mezzi già presenti nei porti della fascia costiera della Siria.
Quella che è mancata è la voce degli Stati Uniti d’America. Solo il segretario di stato Hillary Clinton e l’ambasciatore presso le Nazioni Unite Susan Rice, hanno commentato e condannato pubblicamente l’abbattimento del caccia turco. Chi non parla da quasi una settimana è il presidente americano Barack Obama, il leader del più forte alleato della Turchia tace, non condanna pubblicamente l’accaduto e probabilmente in privato con il presidente turco chiede ripetutamente che la Turchia non si appelli alla Nato chiedendo l’applicazione dell’art.5. Obama cerca di frenare la risposta turca trasmettendo alla Siria e al mondo intero la sensazione che l’alleanza occidentale sia debole e che la nazione americana sia pavida. Probabilmente questa sensazione non corrisponde alla realtà dei fatti l’alleanza occidentale è forte e determinata e la nazione americana non ha paura delle sfide internazionali, forse non la stessa cosa la si può affermare per il suo presidente sempre più chiuso in quella “Fortezza America” che abbiamo cercato di delineare in questa nostra analisi di alcune settimane fa.
Sarà fondamentale ascoltare le prime dichiarazioni di Obama sulla questione siriana, forse nel tradizionale messaggio del sabato alla nazione.