Quante volte negli ultimi due anni abbiamo ascoltato le schermaglie diplomatiche dell’Iran, di Israele, degli Stati Uniti dell’Arabia Saudita riguardanti il programma nucleare iraniano e a proposito della dimensione militare di questo programma.
Quasi ogni settimana abbiamo registrato un discorso, una dichiarazione, una nota diplomatica del governo israeliano e specularmente una risposta dell’amministrazione americana. L’anno scorso, poco prima delle elezioni americane, era apparso chiaramente il fatto che l’Iran si preparava ad un salto di qualità tecnologico del proprio programma nucleare, per alcune settimane si era pensato alla concreta eventualità di un attacco militare israeliano sull’Iran. Ma l’America si oppose con tutte le sue forze, garantendo ad Israele l’impegno a “prevenire l’acquisizione dell’arma atomica da parte di Tehran”.
In quel periodo anche le monarchie saudite del Golfo non erano entusiaste all’idea di un raid diretto contro l’Iran, i sauditi pensavano alla situazione in Siria e all’obiettivo strategico di fermare l’avanzata della mezzaluna sciita che dall’Iran era arrivata al canale di Suez passando dall’Irak e arrivando in Siria al Libano e all’Egitto. L’America aveva garantito assistenza ai piani sauditi per rovesciare il regime di Al Assad e limitare l’influenza sciita verso il nord africa e la stessa Europa. Oggi nessuno più, tra gli alleati americani, in medio oriente e forse nel mondo intero, nessuno si fida ancora di questa amministrazione americana. Al fianco della sfiducia, sia in Israele, sia nella penisola araba, e forse anche in Giappone, è ormai chiaro che non è più utile levare la propria voce in campo intenzionale per chiedere aiuto e supporto agli Stati Uniti. I sauditi questa cosa l’hanno capita già da diversi mesi e l’accordo di Ginevra non ha fatto altro che rafforzare questa loro percezione. Come i più attenti di voi hanno notato tra le molteplici prese di posizione, pro o contro, l’accordo tra Iran e Stati Uniti si può osservare il silenzio assoluto e totale dell’Arabia Saudita. Un silenzio che vale più di mille dichiarazioni o proteste più o meno ufficiali. Le parole non contano più, ora contano solamente i fatti. Noi pensiamo che anche lo stato di Israle ora cambierà la sua strategia, non immaginate di essere ancora spettatori di un discorso alle Nazioni Unite del Primo Ministro Netanyahu, non immaginate nemmeno lontanamente di vedere sui maggiori network mondiali interviste ai componenti del gabinetto di sicurezza di Israele. Il tempo delle parole è finito, anche se la prossima settimana un team israeliano, guidato dal consigliere per la sicurezza nazionale Yossi Cohen, sarà a Washington per cercare di inserire le richieste israeliane all’interno dell’accordo definitivo tra Stati Uniti ed Iran che dovrebbe essere firmato entro i prossimi sei mesi.
Il tempo degli Azzecca-Garbugli (con questo termine si intendono definire gli avvocati o i notai che utilizzano la legge per illudere ed ingannare il popolo. La spiegazione è stata scritta per i ragazzi dell’NSA che probabilmente avrebbero fatto fatica a tradurre correttamente il termine in oggetto), è finito. In medio oriente da oggi contano solamente i fatti, gli scenari, le analisi predittive, le informazioni di intelligence e gli interessi nazionali dei protagonisti della regione. Non immaginatevi un attacco aero israeliano-saudita contro l’Iran questa notte, e forse nemmeno tra un mese. Per noi altresì è ormai chiaro che al primo segnale di pericolo, alla prima concordanza evidente tra analisi, scenari, e informazioni di intelligence l’attacco contro l’Iran partirà, nessuno con le sole minacce diplomatiche potrà fermarlo, nemmeno gli Stati Uniti, nemmeno se come già fatto con l’Egitto minacciassero di tagliare gli aiuti militari ad Arabia Saudita ed Egitto. Gli aiuti militari al medio oriente saranno eliminati comunque nella dottrina Obama, in ogni caso tra non molto Israele e Arabia Saudita dovranno organizzarsi senza più fare rifermento agliaiuti militari americani. Da oggi gli Azzecca-Garbugli non contano più nulla tra Israele, Iran e Arabia Saudita.