Esisterà un punto o meglio una red line, una sottile linea rossa oltre la quale le riflessioni e i dubbi dei politici e dei militari, lasceranno spazio agli ordini esecutivi: agli ordini di attacco.
Capire quale potrebbe essere questa linea da non superare non è semplice, ma una certezza esiste, questo confine esiste.
Esiste perchè Israele è un paese con una estensione territoriale limitata e la deterrenza reciproca, la vecchia regola della distruzione mutua assicurata, tanto cara al segretario americano della difesa McNamara ai tempi dell’amministrazione Kennedy, oggi non si può applicare ad Israele; la deterrenza reciproca non è possibile, l’ombrello americano conta poco, bastano poche atomiche strategiche nei punti giusti per cancellare dalle carte geografiche Israele ( un paese di 21.000 km quadrati ) e tutto il suo popolo, lasciando intatta Gerusalemme e la Cupola della Roccia. Per replicare allo stesso modo sull’Iran ( un paese di 1.600.000 km quadrati ) servirebbero un centinaio di ordigni, il presidente americano avrà il coraggio e la coscienza di usare le proprie armi per rispondere ad un attacco, non al suolo americano, uccidendo 70 milioni di persone? Una guerra nucleare tra Israele e l’Iran sarebbe probabilmente la fine di Israele, ma non la fine dell’Iran.
Un altro olocausto, un altro genocidio è quello che tutti i partiti in Israele non solo non vogliono accada, ma non vogliono che possa accadere. Never Again, mai più, queste sono le parole d’ordine del gabinetto di sicurezza israeliano.
Stabilito che la linea rossa esiste, capire dove sia posta si fa molto più complicato. Andiamo con ordine.
Sul fronte delle modalità di “consegna” di un ordigno atomico la linea rossa è già stata superata, viste le capacità missilistiche di Teheran.
Veniamo ora alla costruzione dell’eventuale bomba. Le bombe a fissione possono essere fatte, di fatto, con due tipi di materiale fissile: l’uranio o il plutonio.
Le bombe ad uranio richiedono una tecnologia intrinseca tutto sommato di basso livello, la parte limitante del processo, e tecnicamente complessa, è ottenere una quantità sufficiente di Uranio 235 al 93%, il cosiddetto uranio Weapons Grade. Le bombe al plutonio sono molto più difficili da costruire in quanto basate su una tecnologia ad “implosione”, il plutonio tuttavia è facilmente reperibile da chi possiede un reattore nucleare, dove viene ritrovato come sottoprodotto della fissione.
In questa fase l’Iran si sta concentrando sulle bombe all’uranio e sembra stia raggiungendo capacità di arricchimento su grande scala. Voci raccolte da giornali e giornalisti esteri storicamente in contatto con fonti dei servizi informativi riferiscono che già oggi l’Iran dispone di uranio arricchito per due o tre ordigni tattici e che nel giro dei prossimi mesi disporrà di risorse per decine di ordigni. Una volta che si ha a disposizione l’uranio assemblare la bomba è questione di settimane, non di mesi. Questa, e cioè l’arricchimento industriale in siti protetti, è la linea rossa che Israele potrebbe scegliere per dare luce verde ai caccia. Attendere un test nucleare Iraniano per agire potrebbe essere politicamente corretto, ma attaccare una potenza nucleare cambierebbe completamente lo scenario di conflitto. Certo, un attacco in questa fase non riporterebbe il programma nucleare all’inizio ma darebbe altri due, tre anni di tempo al blocco anti iran per adattare la propria strategia e non darebbe luogo ad una immediata proliferazione nucleare in Arabia Saudita e poi in Egitto e negli Emirati Arabi.