La diplomazia russa ha lavorato alacremente in questi ultimi giorni per tentare di bloccare lo Strike americano in Siria, Strike che potrebbe alterare profondamente i rapporti di forza tra l’esercito siriano e la galassia dei ribelli. In un primo momento lo Strike americano sembrava focalizzato su due obiettivi ben chiari: distruggere i siti di comando e controllo delle forze armate siriane e attaccare in maniera particolare al 4ª divisione corazzata delle truppe lealiste.
Poi, con il passare delle ore e dei giorni, il pentagono ha lasciato intendere che il raid americano non sarebbe stato così limitato negli obiettivi ma che si sarebbe puntato a ridurre la capacità di difesa aerea della Siria, si sarebbero bombardati i siti dove sono conservate la armi di valenza strategica, come i missili balistici e che sarebbero stati impiegati non solo i missili da crociera ma anche aerei, in particolare bombardieri, tradizionali. Parallelamente a queste dichiarazioni, e in attesa del pronunciamento del Congresso, l’apparato militare americano si è rinforzato, in particolar modo posizionando nella acque del Mar Rosso il Gruppo d’attacco della portaerei nucleare Nimitz. Quasi simultaneamente anche le forze armate della Federazione Russa hanno ampliato la loro presenza nel mediterraneo e nelle basi vicine al Mar Nero.
In questo scenario di escalation estremamente pericolosa i russi, di concerto con i siriani, hanno proposto agli Stati Uniti un piano che preveda il passaggio delle armi chimiche i mano alla Siria ad una non meglio specificata “struttura internazionale” che dovrebbe essere caratterizzata dal controllo affidato alle 5 Nazioni con potere di Veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La reazione americana a questa proposta è stata per nulla ordinata e men che meno coordinata. Il Segretario di Stato Kerry si è espresso subito favorevolmente a patto di una evoluzione rapida della vicenda, ma dagli Stati Uniti e dallo stesso Dipartimento di Stato giungevano commenti alquanto scettici. La Casa Bianca non si è ancora pronunciata chiaramente e probabilmente dovremo attendere il discorso di questa sera del presidente Obama alla nazione per capire il vero orientamento americano.
La nostra prima impressione è che una parte maggioritaria dell’amministrazione americana guidata da Obama voglia andare avanti sulla strada dello Strike, così come anche quella parte del partito Repubblicano che fa capo a John McCain, il quale ha sempre sostenuto che ne la Russia ne Damasco avrebbero mai reagito ad un attacco americano.
Interessante infine la posizione dello stato di Israele, il quale per bocca del portavoce del Governo, ha dichiarato che la soluzione proposta da Mosca è “la migliore possibile” in quanto eliminerebbe il rischio del passaggio delle armi chimiche ad Hezbollah senza il rischio di scatenare un conflitto sovra regionale. Da questa dichiarazione possiamo ricavare, e non per la prima volta, il vero orientamento dello stato di Israele che al contrario degli Stati Uniti non si augura la caduta del regime di Al Assad.
Stasera seguiremo per voi il discorso di Obama e tutti noi saremo pronti a riferire le sue parole e a commentarle nel più breve tempo possibile.
Il discorso è previsto per le ore 03,00 ora di Roma