Quando è la Cina a delocalizzare in Europa
Siamo sempre stati abituati, per lo meno negli ultimi 15 anni ormai, a sentir parlare di aziende europee che delocalizzano in Cina (a spese della manodopera nostrana). Non è possibile individuare un settore, piuttosto che un altro, tra quelli che hanno delocalizzato in Cina: semplicemente, ogni settore dell’industria ha aperto poli produttivi nel gigante asiatico. E’ certo che alcuni settori ne abbiano tratto un maggior vantaggio, rispetto ad altri. In particolar modo il settore automobilistico è stato fin da subito centrale e strategico. Per due ordini di motivi: innanzitutto perchè la Cina, a tassi di PIL crescente e a due cifre, già negli anni ’90 dimostrava di essere un ottimo bacino d’utenza, in cui vendere le macchine dei marchi di lusso europei. Il secondo motivo è dato dalla manodopera un tempo a costi bassissimi, meno bassi adesso. Il sentiero di convergenza tra i salari è sicuramente ancora molto lungo, ma è iniziato: è un dato di fatto che oggi, gli operai cinesi guadagnino di più rispetto a 15 – 20 anni fa.
Gli analisti da tempo sapevano che sarebbe accaduto, il se non era mai stato in dubbio. Piuttosto il quando, alla luce anche delle notevoli tensioni che attanagliano l’economia mondiale da anni ormai.
Manodopera cinese a costi crescenti e mercati mondiali in sofferenza, sono probabilmente queste, a nostro avviso, le cause che hanno portato ad un primo cambio di vento. La Great Wall, nota casa automobilistica cinese, in queste settimane ha inaugurato il primo stabilimento produttivo in Europa. Avete capito bene: uno stabilimento di circa mezzo milione di metri quadrati che produrrà automobili cinesi, in Europa. Nella fattispecie in Bulgaria, dove il costo della manodopera riesce ad essere particolarmente attraente anche per i produttori cinesi. Manodopera a bassissimo costo e una qualità soddisfacente della stessa, hanno convinto la Great Wall a puntare su questo investimento per tentare di ritagliarsi una fetta del mercato europeo. L’ammontare di questo investimento è di circa 100 milioni di euro, ma con un budget previsto di almeno 300 milioni.
Come i nostri lettori possono immaginare, siamo di fronte ad un notevole cambio di strategia. Fino ad oggi infatti, i cinesi ci hanno abituato allo “shopping” ai danni dell’industria europea. Una su tutte, la Volvo è da qualche tempo ormai di proprietà cinese. Ma ciò che sta facendo la Great Wall è un ulteriore passo avanti: non una semplice acquisizione finanziaria, bensì la costituzione di un primo nucleo produttivo che potrà servire in futuro come piattaforma da cui lanciare la conquista del mercato europeo.
La Great Wall dichiara che inizialmente aggredirà i mercati dei paesi confinanti con la Bulgaria e in particolare produrrà e venderà due modelli a circa 8000€ e 12000€, già dal mese di novembre di quest’anno. L’output a regime sarà di circa 50mila unità prodotte all’anno e già dal 2015, la dirigenza dell’azienda, prevede di distribuire in Svezia, Norvegia, Inghilterra e Germania.
Vale la pena ricordare che i cinesi non sono i primi, tra i paesi asiatici a costruire stabilimenti produttivi in Europa (già lo hanno fatto i giapponesi e i coreani). Sicuramente la Great Wall ha pianificato questa delocalizzazione per motivi svariati: strategici da un lato, ma dall’altro lato sicuramente per usufruire del basso costo della manodopera e della vantaggiosa detassazione messa in atto dal governo bulgaro per favorire gli investimenti stranieri (Irlanda docet).
Se la Great Wall è arrivata prima, altre case automobilistiche cinesi non stanno a guardare. Non dimentichiamo che negli ex stabilimenti FIAT di Termini Imerese, nel corso del 2012, dovrebbe vedere la luce un progetto congiunto di DR Motors e Chery (casa automobilistica cinese, di cui vengono già utilizzati e distribuiti alcuni componenti da parte di DR Motors).