Pronte le armi chimiche del regime siriano
Ormai la notizia è di pubblico dominio: le unità di guerra chimica del regime siriano hanno iniziato miscelare il composto binario necessario alla preparazione dell’agente nervino Sarin. Dall’America la voce del presidente Obama ha minacciato un intervento diretto degli Stati Uniti e dei suoi alleati nella regione per eliminare la minaccia derivante dall’ingente quantità di armi chimiche in possesso del regime di Damasco. Alcuni media generalisti, che hanno affrontato la questione, parlano di un possibile utilizzo di questi agenti chimici nei confronti della popolazione siriana che si oppone al regime. In questo particolare caso i nostri analisti del settore mediorientale ritengono che sia altamente improbabile che Al Assad utilizzerà le armi chimiche in suo possesso contro gli stessi cittadini siriani in maniera indiscriminata, anche se il regime fosse prossimo alla capitolazione. Allo stesso tempo riteniamo che, vista l’evolversi della situazione, è non solo possbile, ma ormai probabile, che le armi di distruzione di massa facciano la loro comparsa sul terreno di battaglia siriano.
Dobbiamo distinguere due possibili impieghi degli agenti chimici.
Il primo è l’utilizzo di tali armi contro le postazioni di comando e controllo dei ribelli, ed è al momento lo scenario più probabile. Questo in base a molteplici fattori tattici, e un fondamentale elemento strategico. Tra gli elementi tattici il tipo di munizioni che i reparti di guerra chimica starebbero allestendo. In queste ore si parla infatti della preparazione di ordigni chimici per aerei e proiettili per artiglieria, i quali rappresentano il modo più efficace per attaccare con queste tremende armi di distruzione di massa i caposaldi ribelli. Altro elemento tattico è rappresentato dalla indistinguibilità di tale tipo di attacco, rispetto a quello convenzionale, fino all’esplosione dei primi ordigni, ottenendo così un forte effetto sorpresa. La valenza strategica risiede nel fatto che non verrebbe attaccato il suolo di nessun paese confinante, limitando in tal modo la legittimità di un intervento Usa/Nato/Monarchie del Golfo, in assenza di un voto favorevole da parte del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, voto che a causa del veto russo non arriverà mai.
Il secondo scenario è molto più complesso.
In questo particolare scenario il regime Alawita potrebbe cercare, se vedesse prossima la propria caduta, di coinvolgere nel conflitto le nazioni che confinano con la Siria, in particolare Israele, la Turchia e la Giordania. Questa mossa aprirebbe immediatamente la strada ad un intervento militare straniero, ma proprio questa potrebbe essere la speranza di un regime ormai al collasso. Il regime potrebbe infatti sperare nella discesa in campo dei suoi alleati più fidati, l’ Hezbollah libanese e l’Iran. Questo fatto determinerebbe un esponenziale aumento di minacce per le forze Nato e per quelle americane che si troverebbero a fronteggiare una guerra su più fronti senza poter impiegare massicciamente in un solo punto tutta la loro potenza aeronavale e missilistica. Ma perchè ciò accada la Siria non dovrà allestire bombe per aereo, ma testate missilistiche per i suoi Scud/D, missili in grado di colpire il territorio turco fino ad Ankara e l’intero territorio di Israele Giordania; e questo ad oggi non è ancora accaduto. Abbiamo piena coscienza che il secondo scenario dipinge una guerra regionale di ampia portata e speriamo che ciò non accada, ma non ritenendo l’utilizzo delle armi chimiche sulla propria popolazione una opzione veritiera, lo scenario in oggetto assume caratteristiche non ancora di probabilità ma di possibilità.
Sarà fondamentale osservare segnali della preparazione all’uso delle armi chimiche così come gli spostamenti delle unità navali, non dei soli Stati Uniti, ma anche di Russia, Francia e Iran, così come sarà fondamentale osservare eventuali variazioni di prontezza operativa delle forze di reazione rapida di ambedue le parti, e noi lo faremo, per quanto la rete e le fonti Open Source ce lo permetteranno.