Oggi è stato registrato un generale ribasso praticamente su tutte le borse mondiali. All’interno del segnale portante della crisi globale, tuttavia, è possibile andare a identificare segnali diversi. I ribassi di oggi sono quindi da attribuirsi a casi specifici e, nella fattispecie, al caso dell’economia cinese. La Cina è e rimane il colosso produttivo mondiale che conosciamo ormai da più di un decennio, tuttavia come abbiamo già avuto modo di discutere anche su queste pagine, da tempo ormai presenta segnali piuttosto preoccupanti.
Tra gli indici di borsa, uno su tutti lo Hang Seng ha chiuso abbondantemente in territorio negativo e così anche le piazze europee. Questa ondata di ribassi è dovuta principalmente ai segnali negativi provenienti dalla Cina. Il trend della crescita è al ribasso. Se nel 2010 segnava ancora un tasso di crescita a due cifre (10,4%), già nel 2011 era sceso sotto la soglia psicologica del 10%, raggiungendo un rateo del 9,2%. Per il 2012 i primi outlook prevedevano una crescita pari all’8%, ma tale stima ha già subito una revisione al ribasso arrivando ad un tasso del 7,5%.
Se da un lato, dicevamo, il mercato immobiliare ove i prezzi delle abitazioni stanno precipitando in quasi tutte le principali città cinesi è una cartina al tornasole, dall’altro la domanda in diminuzione di materie prime è la conferma dei timori più foschi: l’economia cinese sta rallentando e lo sta facendo ad un tasso impensabile fino a ieri.
Oggi è la voce della BHP Billiton, gigante dell’estrazione del ferro, a suonare il campanello d’allarme: la domanda cinese di materie prime, in questo caso il ferro, sta rallentando e probabilmente il suo rateo è già ad una cifra. Lontani sono i tempi in cui le aziende europee facevano addirittura fatica ad approvvigionarsi di materie prime. Il prezzo di una tonnellata di minerale ferroso è previsto scendere dagli attuali 145$ a 120$. Non è un vero e proprio tracollo, proprio perchè la Cina continuerà a produrre: meno, ma produrrà comunque a ritmi sostenuti. Tracollo o meno, oggi tutto il comparto estrattivo (Rio Tinto, Fresnillo e Antofagasta) ha subito dure perdite.
Altri analisti invece confidano nel fatto che presto l’economia cinese tornerà a crescere a due cifre e quindi il settore estrattivo ricomincerà a parlare solo la lingua di Pechino.
Nel frattempo la bilancia commerciale della Cina si sta aggravando, avendo raggiunto in febbraio un deficit pari a 31,5 miliardi di $: da un lato proseguono le importazioni di materie prime (ben conosciamo la voracità del gigante asiatico), dall’altro lato però le esportazioni verso USA e UE stanno rallentando da tempo ormai.