Perchè la Cina non salverà l’Iran?
In queste settimane molti analisti, con base in Iran, hanno diffuso commenti ed analisi che descrivevano scenari simili alla terza guerra mondiale nel caso in cui l’Iran venisse attaccato da una coalizione occidentale. In particolare si paventa un intervento della Cina diretto e durissimo nei confronti degli aggressori dell’Iran. Questo anche in base alle recenti prese di posizione cinesi, preso il consiglio di sicurezza o l’IAEA, come testimonia anche questa notizia di Fars News.
Anche volendo, come potrebbe intervenire la Cina nel Golfo Persico? Come potrebbe nella pratica compiere azioni offensive in quell’area? La Cina non dispone di portaerei operative e quindi non è in grado di portare una forza aerea nell’area. La marina cinese è ben organizzata nella componente di superficie e nella componente subacquea ma al momento è focalizzata sul controllo del mar della Cina e di quella parte di oceano Pacifico che comprendel’isola di Taiwan fino allo sterletto di Malacca, non è al momento logisticamente preparata per un intervento nell’area del Golfo, dove la marina si troverebbe lontana dalle basi di rifornimento, senza la copertura aerea fornita dagli aeroporti in madrepatria e senza i sistemi missilistici costieri, altro cardine della strategia navale di Pechino; compreso un misterioso missile balistico, si balistico avete capito bene non un missile da crociera, accreditato di poter efficaciemente attaccare una portaerei classe Ninitz.
La forza aerea cinese vive una fase di profondo riammodernamento, ma anche per questa componente delle forze armate cinesi vale lo stesso discorso della marina, il focus di interesse è il possibile confronto con Taiwan il Giappone, l’India e la Corea del Sud, non era stata pensata e oggi non è organizzata per operazioni fuori area. Un esempio ne è il caccia J-10 spina dorsale della forza aerea cinese, discreto mezzo ma senza l’autonomia necessaria per raggiungere il Golfo, a meno che di essere ospitato da basi iraniane, ma questa è una possibilità da escludere in maniera quasi assoluta.
Quindi qualcuno, forse, pensa che la Cina sia pronta a rispondere con rappresaglie su altri obiettivi. Ma quali, realisticamente? La flotta americana? Le basi in Giappone? Taiwan? No, nessuno di questi obiettivi é strategicamente utile. Non dimentichiamo inoltre che nell’area esiste un nemico storico di Pechino il cui nome è India e che da ai cinesi più pensieri di quanti non ne dia l’Iran; così come una spina nel fianco da eliminare prima di pensare agli americani si chiama Taiwan. Probabilmente i Cinesi vorranno una compensazione per le perdite che potrebbero subire in Iran, magari facendo sì che l’America accetti di tollerare una Corea del Nord che non abbandoni il proprio programma nucleare. La presenza di uno stato cuscinetto tra la Cina e la Corea del Sud è, da sempre, una priorità dei cinesi, e forse questo è il momento buono per ottenerlo stabilmente. La Cina vede con molta maggiore preoccupazione la dissoluzione della Corea del Nord, rispetto alla potenziale instabilità in Iran, perchè oggi nei fatti la Cina è circondata come in passato da una grande muraglia, che rende di fatto impossibile un attacco via terra ai possedimenti di Pechino. Un tassello fondamentale di questa moderna grande muraglia è la Corea del Nord il cui confine con la Cina non è facilmetne difendibile per l’assenza di ostacoli orografici, o fluviali, degni di nota, sia nella zona orientale, sia nella zona occidentale della linea di confine, mentre nella parte centrale ritroviamo una imponente catena montuosa.
In questa ottica possiamo leggere le frizioni tra Corea del Sud ed Israele negli ultimi mesi, periodo di tempo in cui ognuno dei due stati cercava di far sì che l’America desse priorità al “problema” strategico dell’uno anziché dell’altro.
La Cina, molto probabilmente, otterrà qualcosa in caso ti attacco all’Iran, ma dubitiamo fortemente che vorrà impegnarsi nella terza guerra mondiale per difendere interessi importanti ma non primari, senza averne peraltro le capacità militari, escludendo per ragioni di pragmatismo, il ricorso alle armi nucleari strategiche.