Fino a poche settimane fa la Cina ribadiva i propri diritti sugli isolotti (e sul fondale marino di pertinenza) inviando periodicamente vascelli da pesca, a volte scortati da unità di pattugliamento disarmate della guardia costiera. Da circa venti giorni però le cose sono cambiate e con una frequenza ben maggiore rispetto al passato unità cinesi si avvicinano a poche migliaia di metri dagli isolotti, e in questo caso non sono più pescherecci o navi della guardia costiera disarmate ma pattugliatori armati che si spostano in gruppo, solitamente di tre o quattro unità. Parallelamente a questo cambio di comportamento, alti rappresentanti del ministero degli Esteri cinese hanno ammonito le autorità giapponesi di non tentare di bloccare o respingere i pattugliatori inviati da Pechino, in quanto il gesto sarebbe ritenuto arbitrario e ostile. Gli ufficiali cinesi hanno anche dichiarato che le unità cinesi che venissero minacciate dai Giapponesi risponderebbero senza esitazione alla minaccia. Un vero e proprio cambio delle regole d’ingaggio della marina cinese, che per la prima volta dichiara di voler rispondere con la forza ad un eventuale tentativo giapponese di considerare le acque delle Senkaku come proprie acque territoriali.
Notizie non confermate riportano inoltre che le unità di pattugliamento, che ormai con frequenza bisettimanale si avvicinano alle isole contese, siano seguite a decina di miglia di distanza da sottomarini della repubblica popolare cinese, mentre caccia di Pechino sorvolano le acque internazionali tra Cina e Giappone in quelle che vengono riportate come esercitazioni di routine.
In questo clima di tensione una cosa è certa, la Cina fa la voce grossa sulle Senkaku e i giapponesi sono costretti a tenere lontani le proprie unità militari dagli isolotti onde evitare che un commendante del Sol Levante, per il grande senso di orgoglio nazionale e di onore che contrattistingue da sempre la marina nipponica, abbia qualche incontro ravvicinato con gli spavaldi pattugliatori cinesi.