Il leader della milizia sciita libanese ha affermato alcuni concetti semplici e allo stesso tempo chiarissimi.
Primo fra tutti ha ricordato ai propri sostenitori che, in caso di successo dei negoziati di Ginevra, l’asse Iran-Siria-Hezbollah uscirà notevolmente rinforzato e tutti e tre gli alleati sciiti beneficeranno dell’accordo che fosse eventualmente raggiunto a Ginevra.
Dopo aver ricordato al proprio uditorio che un eventuale accordo sarà raggiunto solo in caso esso sarà favorevole all’Iran, e che quindi andrà accettato come una cosa assolutamente positiva, lo Sceicco libanese ha formulato anche una chiara minaccia.
Nasrallah ha ammonito che nel caso i negoziati falliscano tutta la regione mediorientale andrà incontro ad una guerra, e ha concluso dicendo che se dovesse scoppiare una guerra tutti dovrebbero preoccuparsi, ma che gli altri (e cioè i nemici dell’Hezbollah) dovrebbero preoccuparsi più che lo stesso Hezbollah.
Ma come interpretare le parole di Nasrallah, perché il fallimento del vertice di Ginevra dovrebbe portare alla guerra?
In caso di fallimento dei negoziati di Ginevra probabilmente il Congresso americano aumenterebbe la pressione nei confronti dell’Iran bloccando quasi integralmente le esportazioni di greggio di Tehran.
Se ciò avvenisse l’Iran, ormai al tracollo economico, non farebbe altro che mettere in atto una promessa fatta all’America e ai vicini sauditi circa due anni fa. In quel periodo si faceva presente che nel momento in cui l’Iran non fosse stato più in grado di esportare il proprio petrolio a causa delle sanzioni, l’Iran si sarebbe riservato il diritto di bloccare lo Stretto di Hormuz, ritenuto dagli iraniani per gran parte competenza delle acque territoriali iraniane.
Se ciò accadesse i sauditi e probabilmente gli americani interverrebbero per ripristinare il passaggio nella via d’acqua innescando una escalation alla quale parteciperebbe anche la milizia sciita, che allargherebbe il conflitto ad Israele.
Questa è secondo il nostro centro la minaccia contenuta nel discorso di Hassan Nasrallah, una minaccia che prospetta una guerra in caso i negoziati falliscano, proprio l’opposto di quanto prospettato dal Primo Ministro israeliano il quale aveva fatto balenare, lo scorso venerdì, la possibilità di un attacco israeliano all’Iran nel caso in cui l’accordo di Ginevra avesse permesso all’Iran di proseguire la corsa del suo programma atomico.
Con queste premesse i negoziati di Ginevra sul nucleare iraniano si trovano più che ad un punto morto. La politica ambigua di Obama e la continua volontà di mettere i propri alleati sempre al secondo posto rispetto agli avversari con i quali l’amministrazione americana sta trattando, ha portato ad una situazione di stallo che sarà difficilmente risolvibile nel breve tempo.
Il 20 novembre si avvicina e con esso l’ennesimo round dei negoziati 5+1 con l’Iran a Ginevra, e nessuno può prevedere quali saranno i risultati di questa conferenza internazionale. Certo è che i segnali che giungono dalla galassia sciita non sono incoraggianti, così come non è stato incoraggiante il fatto che il Direttore dell’IAEA, Amano, sia tornato dalla sua missione in Iran senza nessun risultato concreto e senza aver incontrato il vertice della Repubblica Islamica dell’Iran.
Tutti in medio oriente in questi giorni stanno tornado ai toni minacciosi che solitamente precedono una escalation militare.