Nucleare iraniano: l’accordo esiste tra Usa e Iran, ma la Francia dice no
A Ginevra nella notte tra giovedì e venerdì scorso i rappresentanti di Stati Uniti ed Iran avevano trovato un accordo funzionale alle strategie di entrambi i paesi.
L’accordo, che aveva ricevuto il benestare del presidente Obama, avrebbe previsto la sospensione dell’arricchimento del minerale di uranio in terra iraniana oltre il 5% in purezza di isotopo 235 e contestualmente svariati miliardi di dollari in valuta pregiata di assetti finanziari iraniani, congelati negli Stati Uniti ed in Europa sarebbero tornati nella disponibilità della banca centrale iraniana.
Inoltre il medesimo accordo avrebbe previsto l’inizio di una collaborazione commerciale diretta tra Iran e stati uniti. Nell’ambito di questa collaborazione sarebbe stata prevista l’importazione in Iran di pezzi di ricambio per l’industria aeronautica che la Repubblica islamica non riesce a produrre, così come l’instaurarsi di collegamenti aerei diretti tra Teheran e gli Stati Uniti.
Un accordo che potenzialmente apriva alle multinazionali petrolifere americane le strade che portano ai giacimenti petroliferi e di gas dell’Iran. Iran e Stati Uniti si sarebbero potenzialmente trasformati da acerrimi nemici a partner commerciali.
In questa condizione chi sarebbe stato penalizzato in maniera significativa sarebbe stato lo Stato francese. La Francia mantiene importantissimi rapporti commerciali, sia nel campo militare che in quello energetico, con le monarchie sunnite del Golfo che potrebbero aver fatto importanti pressioni nei confronti di Parigi alla fine di bloccare un accordo estremamente dannoso sia per la Francia sia per le monarchie della penisola araba.
Un accordo che così come è stato strutturato la scorsa settimana a Ginevra non impedisce all’Iran di espandere ulteriormente il proprio apparato militare, di espandere ulteriormente il proprio programma atomico, di assumere sempre maggior peso nella regione mediorientale. Al fianco dell’Iran avrebbero assunto sempre più importanza anche i paesi e le organizzazioni satelliti di Teheran come lo sono la Siria o l’Hezbollah libanese.
Tale aumento dell’influenza della componente sciita in Medioriente avrebbe potuto mettere in discussione tutti i rapporti di forza e le alleanze nella regione, considerando inoltre che in pochissime settimane, avendo mantenuto inalterata o addirittura incrementata la capacità di arricchimento dell’uranio, la Repubblica islamica dell’Iran sarebbe potenzialmente in grado di ottenere materiale fissile per ordigni atomici.
L’idea stessa di poter ricorrere all’ombrello nucleare iraniano per difendere le proprie strategie geopolitiche potrebbe spingere numerosi paesi ad entrare nell’area di influenza dell’Iran.
Così nella giornata di venerdì quando tutti i giochi sembravano ormai fatti, i ministri degli esteri del gruppo del 5+1 si sono recati a Ginevra per firmare gli accordi.
Lo stesso segretario di Stato americano John Kerry, era decollato poche ore prima dall’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv diretto proprio verso Ginevra. Prima di decollare all’interno dell’aeroporto aveva incontrato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, al quale aveva comunicato che l’accordo con l’Iran era stato trovato. La risposta di Netanyahu è stata durissima. Il primo ministro israeliano era già stato informato che a Ginevra iraniani si complimentavano tra loro e esprimevano la soddisfazione per l’accordo trovato, estremamente favorevole al loro paese. Lo scontro tra Netanyahu e che Kerry è stato talmente duro che il segretario di Stato americano ha annullato la conferenza stampa congiunta che era stata programmata prima del decollo del suo aereo per Ginevra. Nonostante questo il primo ministro israeliano ha tenuto la conferenza stampa da solo. Estremamente alterato e dimenticando in parte la diplomazia, ha definito l’accordo era stato trovato a Ginevra un pessimo accordo e aveva ribadito che Israele avrebbe difeso se stesso contro ogni pezzo da qualsiasi minaccia che avesse minacciato l’esistenza dello Stato d’Israele. Netanyahu ha inoltre esplicitamente affermato che Israele non è vincolato in nessun modo da nessun accordo che venga preso a Ginevra da Stati Uniti ed Iran.
Mentre Kerry era in volo verso Ginevra il governo israeliano, così come con grande probabilità le monarchie del Golfo, potrebbero aver telefonato ai capi di Stato coinvolti nelle trattative chiedendo di fermare questo accordo.
Hanno trovato il presidente francese Francois Hollande estremamente sensibile alle loro richieste, così quando il ministro degli esteri francese Fabius è entrato nella sala delle trattative a Ginevra subito egli ha messo in chiaro che la Francia era contraria questo accordo e quindi egli non avrebbe firmato.
Lo schema dei negoziati del 5 + 1 prevede che tutti membri firmino gli accordi, così tutto si è fermato, tutto si è interrotto.
La Francia non ha potuto accettare che non sia stato posto un limite al numero ti centrifughe installate in Iran, così come non ha potuto accettare che non venisse sospesa la realizzazione del reattore ad acqua pesante di Arak.
Per gran parte di venerdì le diplomazie di Gran Bretagna e stati uniti hanno cercato di convincere i francesi a firmare ma Parigi ha mantenuto fermissimo il proprio punto di vista. Un’Iran con potenziali capacità nucleare mette in pericolo gli alleati sunniti della Francia nel Golfo Persico e minaccia concretamente le forniture greggio che arrivano a Parigi.
Subito dopo lo stop ai negoziati imposto da Hollande il segretario di Stato americano ha criticato in modo diretto il comportamento del premier israeliano Benjamin Netanyahu, affermando che le critiche di Israele erano premature, in quanto nessun accordo era stato stipulato con l’Iran.
Tuttavia con grande probabilità senza le pressioni di Israele e dei sauditi, e senza lo stop imposto dal governo francese oggi l’accordo tra il gruppo 5 + 1 e l’Iran sarebbe cosa fatta, e i piani per lo Strike israeliano contro l’Iran sarebbero entrati nella fase operativa.
Il 20 novembre torneranno a riunirsi a Ginevra i protagonisti di questa trattativa. Se il negoziato dovesse fallire è probabile che il mondo assista ad un accordo bilaterale tra Stati Uniti ed Iran, accordo che chiuderebbe l’esperienza del gruppo 5+1, segnando anche la disgregazione delle alleanze storiche degli Stati Uniti d’America, ma a quel punto sarà il congresso a riprendere in mano le redini della politica estera americana, ampliando ulteriormente il solco tra il Congresso stesso ed il Presidente degli Stati Uniti d’America.
Un congresso il cui stato d’animo può essere ben riassunto da una frase pronunciata dal senatore John McCain: “VIVE LA FRANCE”.