Mentre Obama giura anche Putin fa la sua promessa
Ieri il presidente Americano Obama ha giurato alla Casa Bianca nelle mani di un giudice della Corte Suprema e si è insediato per il suo secondo mandato presidenziale. Negli stessi minuti ma dall’altra parte del mondo, nel mediterraneo orientale, la flotta russa rendeva evidente al mondo una promessa del presidente russo Vladimir Putin. Contemporaneamente all’insediamento presidenziale di Obama navi di tutte le flotte della marina della Federazione Russa iniziavano le più grandi esercitazioni navali nel mediterraneo degli ultimi 25 anni, in quello che appare non solo un’ evidente dimostrazione di forza e potenza militare ma anche un chiaro segnale inviato al presidente americano: la Russia ritiene il mediterraneo un’area strategica.
Area strategica per i commerci, le risorse naturali e come mezzo per raggiungere il continente africano. La politica americana di Obama ha invece individuato come area cardine della geopolitica statunitense l’oceano Pacifico ed in quella zona è previsto il trasferimento di risorse militari che oggi presidiano altre aree del pianeta, mediterraneo compreso. L’assenza di un cantiere navale russo nel mar Nero e la pianificata eliminazione di tutte le basi logistiche ex sovietiche sulle sponde del mediterraneo avevano dato la concreata speranza agli strateghi del presidente Obama di poter controllare il mediterraneo avendo in pugno gli stretti chiave per l’accesso a questo bacino. Gli stretti in oggetto sono tre: lo stretto di Gibilterra nelle mani del Regno Unito, che collega l’oceano Atlantico al mediterraneo occidentale, il canale di Suez in mani egiziane ma sul quale gli americani contano di mantener un controllo indiretto sperando, erroneamente a nostro avviso, di influenzare le politiche dei Fratelli Mussulmani, che collega il mar Rosso al mediterraneo meridionale ed infine il doppio stretto del Bosforo e dei Dardanelli che collega il mar Nero al mediterraneo passando per il mar di Marmara, stretto nel controllo totale della Turchia.
Con questa dottrina degli stretti, giocando sulle carenze logistiche russe gli Stati Uniti pensavano di bloccare le azioni dei russi in una area estremamente vasta e dalle potenzialità ancora fortissime. Ma la Russia e il suo presidente Putin non hanno ceduto e dando fondo a tutte le risorse disponibili hanno organizzato una strategia per mantenere o addirittura espandere la sfera di influenza russa. la strategia si basa su alcuni punti fondamentali
- La flotta è stata organizzata in modo tale che il presidio nel mediterraneo sia continuo
- Nel mar nero inizierà presto la costruzione di un grande cantiere navale militare
- La base di Tartus dovrà essere difesa ad ogni costo
- La batterie antiaeree più moderne della Federazione Russa saranno schierate nella zona più meridionale del paese in modo da includere nel loro raggio di azione una ampia area della Turchia
- Reparti di pronto impiego avio trasportati potrebbero essere schierati nelle basi meridionali pronti per ogni evenienza
- Nuovi sitemi radar verranno costruiti lungo i confini della Federazione Russa
- Verrà ricostruita la flotta d’assalto anfibio con priorità a quella del Mar Nero
Ciò non bastasse tutta la componente missilistica, sia tattica che strategica, verrà potenziata e solo pochi giorni fa abbiamo assistito ad una delle più complesse e realistiche simulazioni di attacco missilistico strategico effettuate dalla federazione russa negli ultimi 20 anni. L’esercitazione si è svolta alla presenza del ministro della difesa russo presso il comando centrale delle forze missilistiche strategiche, ed ha simulato la risposta ad un attacco contro la Federazione Russa. Nella simulazione la Russia ha risposto all’attacco con svariate decine di ICBM.
Per ora l’America è rimasta passiva nel suo apparente isolazionismo, ma quando capirà che è a rischio il suo ruolo in Africa, nell’intera Europa e in buona parte del medioriente, potremmo assistere a reazioni scomposte e dettate più dal panico che dalla strategia di lungo periodo, come ad esempio la tentazione di porre fine velocemente alla guerra in Siria. In queste settimane, in attesa del suo secondo insediamento, il presidente Obama ha voluto evitare qualsiasi situazione di tensione e ha richiamato in patria molte delle unità militari americane impegnate nella regione; non è detto, dati gli elementi in nostro possesso, che questa politica continui su questa linea di passività e già qualcosa potrebbe cambiare nelle prossime settimane.
Così mentre Obama, dopo il giuramento, oggi parlerà alla nazione e al mondo dei suoi progetti e delle sue promesse, per questi suoi quattro anni, non potrà non sentire un’altra promessa che arriva da molto lontano ma che ricorda a questa America e al suo Presidente che egli non è, non più, il padrone del Mondo.