La Strada per Tehran passa da Damasco
Roma 06/02/2012
Oggi,alla vigilia della visita del ministro degli esteri russo a Damasco insieme al capo dei servizi segreti Russi Mikhail Fradkov, il gruppo di analisi di GPC vi presenta una panoramica dalla strategia americana per colpire il regime di Tehran, strategia che appare ormai chiara ma che si scontra, non in modo inatteso con gli interessi della Federazione Russa.
Vogliamo iniziare questa analisi con un’immagine. Immaginate Siria e Iran come due colonne molto alte con una lieve inclinazione, le cui sommità si toccano ed il loro punto di contatto rappresenta la loro forza, ma anche il loro punto debole. Infetti se una delle due colonne crollasse l’altra non riuscirebbe e reggersi da sola. Perchè diciamo questo? Perchè la Siria è diventata nel tempo il tramite tra l’Iran e parte delle popolazioni arabe del mediterraneo, la Siria è una barriera all’influenza Turca sul Libano e sull’autorità Palestinese, la Siria è un alleato fidato che può mettere in seria difficoltà Israele nel caso di una guerra regionale, senza la Siria all’Iran mancherebbe un punto di appoggio fondamentale.
Questo gli analisti di Langley lo sanno benissimo e gli Stati Uniti che non vogliono, per molteplici ragioni che abbiamo più volte illustrato, un Iran dotato dell’arma atomica stanno cercando di far cedere il regime Iraniano non con una guerra ma facendogli mancare l’appoggio di un alleato fondamentale. Senza la Siria di Assad, infatti, i rischi di ritorsione diretta nei confronti di Israele, sia da parte siriana che da parte di Hezbollah, sarebbero notevolmente ridotti e la possibilità di un attacco dell’aviazione di Tel Aviv sarebbe ancora maggiore. Inoltre l’esempio per i giovani laici e riformatori iraniani sarebbe incredibilmente forte: il regime più vicino a quello di Tehran che cade per mano della piazza, nonostante gli aiuti in armi e uomini mandati dall’Iran. La piazza di Tehran probabilmente si rivolterebbe già riscaldata del periodo elettorale e dai possibili brogli che potrebbero verificarsi nelle elezioni legislative di Marzo in Iran.
Ma negli Usa hanno fatto i conti senza la Russia. A Mosca interessa relativamente l’Iran, che certo oggi non è un nemico, ma gli sciiti nella zona sud della Federazione qualche problema lo hanno già dato e ancor più potrebbero farlo un domani con un Iran dotato di armi atomiche. A Mosca, invece, interessa tantissimo il destino della Siria. La Russia è all’angolo nel Mediterraneo, e come ogni entità vivente che si sente all’angolo mostra i muscoli, e non per scherzo. La Siria rappresenta un’estensione della sfera di influenza di Mosca, l’ultima. La città portuale di Tartus, rappresenta una base di rifornimento fondamentale nel mediterraneo, l’ultima. Mosca potrebbe essere pragmatica, la Siria nella sua interezza è indifendibile, quindi che fare? Esiste una possibilità concreta che salverebbe la base di Tartus e l’alleato Assad, mettendo in difficoltà l’Iran, ma non abbastanza per le speranze americane. LA possibilità è che Assad crei un nuovo stato, una Siria Alawita che incorpori gran parte della fascia costiera e la base strategica di Tartus. Data questa condizione Mosca si impegnerebbe a dislocare propri uomini e mezzi in questa fascia di territorio a tutela dei propri interessi e a tutela del proprio alleato. Roba da guerra fredda, ma di fatto è questo a cui stiamo assistendo, tra movimenti di navi e ripetuti veti presso le Nazioni Unite.
L’ incontro di domani a Damasco tra Assad e i più alti rappresentanti della Federazioni Russa potrebbe servire proprio a questo e non a chiedere le semplici dimissioni di Bashar El Assad. Una mappa raggiungibile tramite il seguente link http://maps.google.it/maps/ms?authuser=0&vps=2&hl=it&ie=UTF8&msa=0&output=kml&msid=217931100072867340383.0004b83a731ee0980e2d6 illustra la possibile Siria Alawita.
p.s. Mikhail Fradkov ha una lunga esperienza in missioni nell’imminenza o durante un conflitto. Fu inviato in Irak durante la prima guerra del Golfo e poche settimane prima dell’invasione americana dell’Irak. Fu mandato in missione anche a Belgrado prima dei bombardamenti NATO.