Alla luce delle recenti proposte iraniane riguardanti le isole dello Stretto di Hormuz, proposte alle quali dedicheremo un post, vi riproponiamo una analisi della situazione geopolitica nella vitale via d’acqua mediorientale.
Questo articolo vuole essere un pò più tecnico e spiegare perchè la situazione geopolitica dello stretto di Hormuz è complessa non solo dal punto di vista militare ma anche dal punto di vista del diritto internazionale, e delle sue interpretazioni
Lo stretto di Hormuz è un canale poco profondo, tra i 75 e i 120 metri, che nel punto dove le due sponde più si avvicinano è largo poco meno di 50 chilometri, circa 24 miglia nautiche; ma lo stretto di Hormuz non va limitato alla sola parte a nord della Penisola di Musadam, bisogna considerare anche il tratto di mare che prosegue verso sud-ovest dove il canale diventa più grande, ma dove troviamo alcune isole all’apparenza insignificanti che invece vedremo potrebbero svolgere un ruolo da protagoniste. Queste tre isole si chiamano Turb Al Kubra, Turb As Sughra e Abu Musa.
La storia dei tre piccoli isolotti è travagliata, appartenevano alla Gran Bretagna che al termine dell’era Coloniale ne cedette la sovranità, nei giorni successivi l’esercito e la marina Iraniana occuparono le isole, ma gli Emirati arabi, facenti parte della stessa regione cui gli Inglesi concedettero autonomia, non accettarono il colpo di mano Iraniano. Abu Mussa e le altre due Isolette sono state così contese tra gli Emirati Arabi e L’Iran. In un primo tempo i due stati decisero di amministrare insieme gli isolotti, poi all’inizio degli anni 90 l’Iran espulse da Abu Musa tutti gli stranieri ivi residenti e vi impiantò un avamposto militare. Stessa cosa vale per le isole di Turb Al Kubra, Turb As Sughra.
Questi fazzoletti di terra sono importantissimi per gli equilibri nello stretto di Hormuz, in particolar modo alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite sulle Leggi del Mare ( United Nations Convention on the Law of the Sea ).
Questa convenzione nota anche come convenzione di Montego Bay regola il diritto marino in ambito internazionale. Stabilisce quali sono le acque territoriali, quali le acque internazionali, e definisce le zone economiche esclusive delle varie nazioni, ecc.
Per la situazione che interessa il nostro caso prendiamo in esame la parte che disciplina le acque territoriali. Le acque territoriali sono definite come quello specchio di mare che dista fino a 12 miglia dal punto di costa più prossimo di uno stato. Nel caso in cui esistano aree di mare più stretti di 24 miglia condivisi da più paesi le acque territoriali si spartiscono in parte uguale, compatibilmente con il profilo della costa. Anche la più piccola Isola può vantare le sue 12 miglia di acque territoriali. Questo regolamento sulle acque territoriali prevede che nel caso le acque territoriali interessino vie di comunicazione fondamentali, come è il caso di Hormuz, gli stati che si affacciano sul passaggio devono garantire il passaggio del naviglio commerciale e del naviglio militare, che però deve rispettare certe regole. Il transito deve essere rapido, senza soste, non minacciare i paesi che si affacciano sul braccio di mare interessato, non compiere atti di spionaggio durante il passaggio, e i sottomarini devono transitare in emersione con la bandiera issata.
Osserviamo la carta dello Stretto di Hormuz ( se cliccate sulla carta qui a lato potrete osservarla ingrandita ).
Un vecchio contenzioso, mai risolto, per tre piccoli fazzoletti di terra può oggi offrire il pretesto, se non per una guerra, per una escalation della tensione, che oggi, per le ripetute minacce provenienti dell’Iran e le sanzioni firmate dal Presidente Obama, hanno portato il prezzo del petrolio a 103 dollari il barile. Ricordiamo che in passato fu proprio una disputa territoriale marina, riguardante le acque del Golfo della Sirte, a fornire all’amministrazione Reagan il “casus belli” per il bombardamento americano su Tripoli dei primi anni 80.