La possibile ritorsione siriana allo Strike americano
L’attacco americano alla Siria è ormai cosa certa. Così come è certa la partecipazione di britannici francesi e turchi. Gli americani inizieranno, come accaduto in Libia, con un barrage di missili Tomahawk diretti contro i siti di comando e controllo delle forze armate siriane e simultaneamente contro le postazioni fisse a lungo raggio della difesa aerea siriana, compreso l’ultimo radar di allerta precoce (EWR) ancora operativo, posto nella parte occidentale del paese. Probabilmente verrà bombardata il bunker di comando e le caserme della 4ª divisione corazzata siriana comandata dal fratello del Rais siriano, composta in prevalenza da Alawiti, vero zoccolo duro delle forze fedeli ad Al Assad. Anche gli aeroporti principali delle regione di Damasco e della zona costiera di Latakia potrebbero essere bersagli dello Strike, mentre il palazzo presidenziale di Damasco potrebbe non essere un obiettivo in questo raid che, in teoria, si annuncia come limitato nel tempo e di precisione chirurgica (ne dubitiamo fortemente)
La vera questione ora è: come, e se, risponderà al raid Americano? In prima istanza Al Assad ha il diritto di eseguire una rappresaglia. Nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza lo ha sanzionato, ma come reagire nel modo politicamente e strategicamente migliore?
I nostri analisti ritengono che sarebbe un gravissimo errore, sia strategico che politico, un eventuale attacco nei confronti dello stato di Israele. Israele non è coinvolto nell’attacco programmato dagli Stati Uniti e ergersi a nemico n.1 di Israele non gioverebbe ad A Assad anzi, la reazione dello stato ebraico potrebbe determinare la caduta del regime.
Stesso discorso per la Giordania. Il regno di re Abdullah ha dichiarato che non sarà la “piattaforma di lancio” per un attacco alla Siria. La Giordania risponderebbe dando massimo supporto ai ribelli mettendo ancora più nei guai Al Assad.
Alla Siria rimangono solo due opzioni valide per rispondere allo Strike alleato.
La prima consiste nel tentare di attaccare il naviglio militare americano con i missili antinave russi Yakhont. Tuttavia dubitiamo che la 6ª flotta Usa spinga le proprie navi talmente vicino alla costa da essere nel raggio di azione delle batterie missilistiche costiere di Al Assad. Esistono tuttavia mezzi alternativi per attaccare il naviglio nemico della Siria. In primo luogo con missili antinave montati su caccia, un secondo metodo molto meno ortodosso potrebbe essere quello di portare un missile antinave a corto raggio (un Exocet ad esempio) a bordo di una nave civile, farla avvicinare sufficientemente al bersaglio e tentare il colpo.
Il secondo bersaglio della rappresaglia è quello secondo noi più premiante per la Siria: parliamo della base aerea di Incirlik in Turchia. Incirlik potrebbe essere un bersaglio legittimo poiché base delle forze aeree che attaccheranno la Siria, così come è altamente probabile che alcuni aerei che bombarderanno la Siria nella seconda fase dell’offensiva partano proprio da Incirlik. La Turchia sembra inoltre voler avere ruolo attivo nello Strike.
Un altro aspetto da valutare è l’ostilità aperta del popolo turco ad una guerra contro Al Assad, il governo turco potrebbe trovarsi alle prese con una mobilitazione nazionale contro la guerra e contro il governo Erdogan. Mobilitazione che il governo turco potrebbe reprimere con molta durezza aprendo un fronte interno alla Turchia che indebolirebbe in maniera significativa il gruppo dei paesi alleati contro la Siria di Al Assad.
Quindi, se Al Assad dovesse ordinare una rappresaglia, secondo i nostri analisti l’unico obiettivo che potrebbe dare un doppio guadagno, sia strategico-militare, sia politico è la base aerea turca di Incirlik e il mezzo per la rappresaglia non può essere altro che i missili balistici mobili che Al Assad possiede in numero sufficiente per saturare le difesa antimissile americane nel sud della Turchia.
Comment(8)
Comments are closed.
e la Russia?
Sulla Russia abbiamo opinioni diverse anche all’interno del nostro centro. Cercheremo di trovare una sintesi e poi scriveremo un editoriale. La questione è molto complessa
Il count-down per uno strike occidentale verso la Syria sembra irreversibilmente avviato: la sottile linea rossa appare oramai varcata sia dal regime alawita, sia dalla triplice alleanza del III Millennio, USA, GBR e FRA. La crisi libica di due anni fa visse sin dalle fasi preliminari più o meno la stessa genesi. Un grande e risonante palcoscenico politico-mediatico prima della recitazione da parte degli attori militari di un copione oramai più che noto, a cominciare dall’attacco notturno, con modalità forward from the sea e contro i sistemi c2.
Dal punto di vista diplomatico, è chiaro che la pressione che si sta esercitando a livello internazionale è notevole in termini sia di consenso ricercato, sia di filtraggio di chi è pro o di chi è contro: all’indomani di questa nuova recita, pur tuttavia sarà necessario pure chiarire i dividendi in gioco. Questo è il punto: al di là, chiaramente, del prestigio e della credibilità internazionali – via fermezza – che va esercitato di fronte all’incalzare degli azzardi di Damasco, in questo momento definire i dividendi (d i connessi rischi) che verranno è esercizio davvero difficoltoso, se non avventato, ma indispensabile.
La Syria, in questo momento, non ha via d’uscita se non quella di apparire il più possibile (se possibile) una vittima di un ordito piano filo-occidentale e, quindi, il regime di Assad (che, al momento, non ha alternative da potersi definire tali come lo fu per Gheddafi) deve necessariamente puntare sulla lotta contro il neo-imperialismo occidentale e trascinare in questo vortice sia il mondo sciita (Iran ed hezbollah), sia la catena filo-palestinese (Hamas & c.) per condurre la lotta sul piano dell’antiamericanismo, dell’anti-occidentalismo, dell’anti-semitismo e della legittimità della jiahad. Il rischio è che uno strike sviluppatosi così come sta incalzando possa comportare un dividendo non trascurabile a Damasco con effetti-domino, al momento, non tutti preventivabili.
La Turchia – e soprattutto l’attuale leadership locale – rischiano di non dividere un bel nulla, qualunque risultasse l’esito di uno strike verso la Syria: se andasse bene, Erdhogan & c. si troverebbero di nuovo al bivio di qualche mese addietro con una motivata protesta anti-occidentalista ed anti-regime maggiormente rinforzate e rincuorate da una scelta già solo teologicamente scellerata. Se le cose per caso si mettessero male, Ankara corre il rischio alto di vivere giorni da primavera araba… egiziana. Una qualsiasi pagante offesa portata da parte siriana al territorio turco durante lo strike è in grado di incendiare l’intera penisola anatolica. Il dividendo potrebbe essere ancora una volta di Damasco.
Israele sa bene di trovarsi sull’orlo di un precipizio e per giunta portatovi dalla Casa Bianca: qualsiasi mossa anche l’attuale inerte atteggiamento è foriero di conseguenze successive e per altro poco proficue comunque si mettano le cose. E’ vero, se attaccato da componenti siriane (come prevedibile sulle alture del Golan), Tel Aviv è in grado di conferire al regime siriano colpi ferali. E’ un assessment condivisibile ma solo sul piano militare. Qualsiasi forma di self-defence israeliana aprirebbe, tuttavia, scenari multi-direzionali e non solo nella/dalla striscia di Gaza (es.: il Sinai, il Libano, Haifa, Iran, ecc.).
Tutti gli strateghi – quelli degli Stati definibili tali, ma anche delle organizzazioni quaediste, dei fratelli musulmani, ecc.) vedrebbero nell’occasione tutto lo spazio dove inserirsi per propri interessi, dati gli impegni generali in chiave siriana ovvero intanto per conquistare il conquistabile (se non oltre) e poi sedersi ai tavoli della pace da posizioni più agevolmente e speculativamente vantaggiose. Il dividendo potrebbe non essere di Damasco, di altri (tanti) ma certamente non filo-occidentale. Il rischio maggiore è che la fiammata risvegli la Tunisia e non solo e che paesi come l’Italia si trovino, in ogni caso, a fronteggiare sia terrorismo, sia problematiche di grande portata in chiave umanitaria.
Washington, London e Paris non possono non aver considerato tutto ciò e nemmeno la presenza in area di forze di Putin che già in Kosovo operarono in modo molto chiaro e lampante salvaguardando dividendi slavi di non indifferente portata strategica ancor oggi in piedi. I rischi sono davvero tanti che in chiave di analisi e previsione non basta la teoria dei giochi e forse nemmeno quella delle… catastrofi.
E se la Siria attaccasse anche la base di Cipro? Poiche’ le navi sono un obiettivo troppo “difficile” per i siriani, l’unico e’ attaccare le basi degli attaccanti con missili, che restano l’arma migliore per questi stati (prima guerr del Golfo insegna). Oltrettutto la conseguente lesson lerned potrebbe essere molto utile per gli iraniani.
magari sta cambiando strada la storia dell’umanità e farò la parte di quello che passa il tempo a guardarsi i piedi, ma ormai l’estate sta finendo e fra le nebbie autunnali preferirei concentrarmi su fatti con più immediate ripercussioni sull’italia
a due passi da incirlik c’è il terminal petrolifero di ceyahn, quindi se fossero in grado di colpire quella a maggior ragione questo sarebbe un bersaglio anche più facile, idem per le petroliere che entrano ed escono rispetto alle navi da guerra in alto mare
inoltre potrebbe, come dite voi, lasciar da parte israele e concentrarsi contro l’imperialismo americano conducendo o “stimolando” attacchi contro gli stretti turchi o il canale di suez
se una nave, invece di lanciare un missile, venisse semplicemente affondata in mezzo al canale?
oppure andasse a speronarne un’altra sotto i ponti di istanbul?
ci hanno spiegato quindici anni fa che bombardare fabbriche di detersivi e fertilizzanti è legittimo poichè potrebbero essere impiegate per produrre esplosivi, come anche i ponti su cui potrebbero passare le truppe (ricordo il filmato della bomba contro il ponte su cui stava passando il treno), il petrolio con cui si produce carburante per gli aerei o le vie d’acqua percorse dalle navi dovrebbero esserlo meno?
Scusate e L’Iran? Quale potrebbe essere la sua reazione?
Risp: L’Iran sta ritirando alcune unità dalla Siria. Domani parleremo della reazione russa. Ne stiamo discutendo nel nostro gruppo.
certo che siete proprio bravi…aggiornate il vs. sito con lentezza che in situazioni come quelle di questi giorni denota la vostra inesperienza… parlate di contatti di qua specialisti di la’, ma le vostre notizie sono sempre un passo indietro agli altri organi di comunicazioni internazionali di nicchia e non… io credo che il vostro lavoro lo possa fare anche un pirla qualunque…comunque continuero’ a seguirvi vediamo se imbroccate quello che sta per succedere io lo so ahahahaha….
Ecco bravo “Pirla Qualunque” facci un piacere vai a seguire gli altri organi di informazione, che a noialtri ci piace essere un passo indietro.
Ma è vero che i Russi hanno abbandonato l’avamposto strategico di Tartus?
sì i russi hanno evacuato Tartus. Ma hanno rafforzato il dispositivo navale nel mediterraneo. Putin vuole evitare vittime russe in un eventuale raid sulla zona portuale, vittime che costringerebbero il Cremlino ad intervenire in prima persona.