L’ Enigma della Turchia . Quale Alleanza per il Futuro?
Roma 5 marzo 2012
In questo ultimo anno gli equilibri del Nord Africa e del Medio Oriente si sono modificati radicalmente. Quaranta anni di regimi assolutistici sono finiti, sostituiti da entità e forme di governo per nulla chiare e di dubbio supporto popolare. In questa partita complessa un grande paese, sia per demografia, sia per dimensioni, sia per potenza militare ed economica, è rimasto relativamente passivo; in un ambiente dove la passività può però essere sintomo di scelte strategiche. Parliamo della Turchia.
La Turchia un paese fondato sulla laicità dello stato e sulla indiscutibile scelta di campo a favore dell’occidente, rispetto al fanatismo e all’integralismo religioso, ponte tra oriente ed occidente, ora si ritrova nell’apparente incertezza sulla strada futura delle alleanze strategiche. Qualcosa in Turchia cominciò a cambiare alla fine degli anni 90 con la ripresa del sentimento religioso catalizzato da un personaggio di grande carisma, per il popolo turco, di nome Recep Tayyip Erdogan. Quest’uomo, il suo partito e i suoi amici nella battaglia Abdlullah Gul, oggi presidente della repubblica, e Ahmet Devutoglu, oggi ministro degli esteri, hanno iniziato un lento, costante, determinato avvicinamento della Turchia alla ” religiosità di governo “. Con il termine ” religiosità di governo ” vogliamo indicare uno forma di stato che non si basa in maniera integrale sulla legge religiosa, come è avvenuto e avviene in altri paesi islamici, volgiamo indicare un governo laico che però si ispira profondamente ai precetti della religione e alle leggi che essa prescrive.
Il partito di Erdogan, il “partito della giustizia e dello sviluppo”, questo il suo nome, nei primi periodi di governo ha tentato di completare il proprio avvicinamento all’Europa, un’ Europa che pochi anni prima aveva aiutato i fratelli mussulmani del Kosovo a trovare la propria indipendenza e che la Turchia vedeva come il proprio approdo naturale. Ma l’Europa, sotto il pesante veto di Francia e Germania, si è opposta in tutti i modi all’ingresso della Turchia nell’Unione, temendo un considerevole flusso di lavoratori turchi verso le città francesi e tedesche, già abitate da centinaia di migliaia di turchi. La miopia franco-tedesca si è rivelata per l’ennesima volta un danno per l’Europa e per tutto il mondo. L’egoismo di queste due grandi nazioni, che giustamente pensano per prima cosa al loro interesse nazionale, ha allontanato la Turchia dalla sua casa naturale. E la Turchia si è trovata isolata, quasi umiliata dai franco – tedeschi che rimproveravano ad Ankara carenze dal punto di vista dei diritti umani. Umiliata, isolata, quasi derisa la Turchia ha voltato le spalle a Bruxelles e si è rivolta ed est. Ad est ha trovato un alleato disposto a tutto, anche a non fare profitti nei primi commerci, pur di instaurare una forte relazione con la Turchia e con la sua ” religiosità di governo “. Questo paese era li Iran, al quale non è certo sfuggita la possibilità strategica che offriva la Turchia: aprirsi la strada verso il mediterraneo e l’interno dell’Europa e togliere ad Israele il suo più potente alleato nella regione.
L’ Iran è riuscito nel proprio intento nel giro di alcuni anni, e con la Turchia i legami si sono espansi, dall’economia alla politica, dalle materie prime alla cooperazione militare, passando per la lotta al comune nemico curdo. La Turchia, un paese chiave per la NATO in medio oriente, collabora con il nemico, condivide esperienze militari e visione strategica, pur mantenendosi all’interno dell’alleanza. All’interno, ma forse non parte attiva dell’alleanza. E che la Turchia non sia più parte attiva dell’alleanza atlantica lo abbiamo osservato anche nella campagna di Libia quando i turchi non ha mosso un dito per aiutare i propri ” alleati ” se non paracadutando aiuti umanitari con i propri C-130 e ricevendo in risposta dai ribelli fuoco di contraerea leggera. Oggi la Turchia continua ad aumentare il proprio interscambio commerciale con l’Iran, e questo in totale antitesi a tutto il blocco occidentale.
Ma la situazione recentemente si è fatta ancora più complessa. Il momento decisivo del futuro delle alleanze strategiche della Turchia si chiama Siria. La Turchia ha ripetutamente deplorato la violenza nella sua ex provincia, e ha anche dato supporto ai ribelli, l’ Iran invece sta attivamente supportando il regime di Assad e la mortale repressione scatenata da Damasco. Come si comporterà la Turchia nei confronti dell’alleato Iraniano. Tollererà che il regime di Tehran aiuti Assad nella mortale repressione che coinvolge ogni giorno decine di civili e vede esecuzioni sommarie attuate dalle truppe lealiste, ormai sfiancate da mesi di combattimenti? Tollererà la Turchia le continue lamentele di Tehran a proposito del sistema radar in banda X installato a poche centinaia di chilometri dal confine iraniano e operato da personale americano? Troverà la forza il governo turco di liberarsi dall’abbraccio serrato con Tehran e tornare ad affacciarsi ad ovest, in quella che è il suo storico orizzonte?
A fine marzo il premier turco Erdogan si recherà in visita ufficiale in Iran, sarà quello il momento della verità e il momento della scelta di campo per Ankara. La Turchia è stata l’intermediario preferenziale dell’amministrazione americana al fine di tenere contatti stretti con il governo degli Ayatollah, ora nel momento di maggiore tensione riguardante il programma nucleare iraniano il vertice tra Ahmadinejad ed Erdogan potrebbe sancire la nascita di una nuova alleanza in medio oriente, in chiave anti israeliana e potenzialmente aperta nei confronti del nuovo Egitto dei nazionalisti, anche loro con un conto aperto con lo stato ebraico.
Le dichiarazioni di fine mese che verranno fatte durante e subito dopo la visita di Erdogan, e i passi concreti in campo economico, politico e militare dei due paesi potranno dirci che strada prenderà la Turchia nei prossimi anni fatto che potrebbe essere il vero, inaspettato effetto della primavera araba.