L’Iran come la California del 1850, o come l’Alaska del 1890, un territorio dove si sta per scatenare una nuova corsa all’oro. Una corsa all’oro moderna senza i carri dei pionieri ma con i jet privati delle maggiori compagnie petrolifere mondiali, una gara come quella del 1800 che nell’impeto della competizione e nella volontà di non essere secondi a nessuno travolgerà ogni regola esistente riguardante le sanzioni contro Teheran e che in poche settimane cambierà le prospettive economiche della Repubblica Islamica dell’Iran.
La gara ufficialmente inizierà il 20 gennaio prossimo, quando avrà effetto l’accordo temporaneo sul programma nucleare iraniano firmato a Ginevra alla fine del novembre scorso. In realtà la corsa all’oro iraniana è già iniziata, è iniziata già prima dello scorso novembre quando era ormai chiaro al mondo intero che un accordo tra il gruppo del 5+1 e gli iraniani sarebbe stato comunque trovato.
In quelle settimane si teneva l’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, e per l’Iran era presente il nuovo presidente Hassan Rohani accompagnato da una folta delegazione che includeva tra gli atri il ministro degli esteri Zarif.
Come aveva riferito un altissimo rappresentante della diplomazia italiana :”per incontrare Rohani c’era la fila”, e questo perché tutti già pensavano a come approfittare dell’imminente accordo tra gli Stati Uniti e l’Iran. Chi era all’interno del gruppo del 5+1 era più favorito negli incontri bilaterali si poteva parlare di tutto, anche degli accordi in caso di successo dei negoziati, e delle prospettive per le proprie aziende nazionali. Chi era al di fuori del 5+1 ha dovuto scegliere vie diverse, con una maggiore esposizione sul profilo diplomatico. Un esempio chiarissimo ne è l’Italia che ha iniziato uno scambio di delegazioni e di visite ufficiali proprio a partire dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dell’autunno scorso.
All’Iran serviva un pubblico riconoscimento internazionale, tanto quanto servivano gli accordi nel segreto degli incontri bilaterali. Questo pubblico riconoscimento è arrivato e ha contribuito a generare la corsa all’oro.
In poche settimane le sanzioni ancora vigenti crolleranno, sotto la spinta di questa gara che ignorerà ogni regola e qualsiasi visione di lungo termine, con il pensiero che comunque un nuovo accordo, un nuovo trattato sistemerà tutto. Il programma atomico dell’Iran è stato dimenticato dalle potenze occidentali che partecipano all’accaparramento dei contratti energetici e di produzione in Iran. Quel dettaglio composto dal 19000 centrifughe per arricchire uranio, un complesso fortificato sotterraneo che non ha eguali in Europa di nome Fordow, la costruzione di un reattore ad acqua pesante ad Arak in grado di produrre plutonio per 5 gambe atomiche in un anno, non viene più considerato dinnanzi alla prospettiva del business.
Ma esistono nazioni per le quali quel dettaglio è il fulcro di un’intera esistenza personale e dello stato. Nazioni come l’Arabia Saudita e Israele che hanno visto i propri alleati, e non parliamo solo degli Stati Uniti, preferire l’accordo e il Businnes con l’Iran a garantire la sicurezza degli alleati.
Nazioni che senza più alcuna fiducia negli “amici” agiranno se avranno anche solamente il fondato sospetto che l’Iran si stia per dotare di un dispositivo atomico. Arabia Saudita ed Israele in questo contesto non vorranno avere la certezza assoluta della minaccia, basterà il sospetto per determinare una risposta, perché quando si rimane da soli subire l’iniziativa dell’avversario può essere mortale, in particolare se l’avversario potrebbe disporre dell’arma atomica.