Prima di tutto alcuni dati di fatto: le centrifughe iraniane a Natanz, Fordow e in chissà quale altra location continuano a girare, i lavori al sito del reattore ad acqua pesante di Arak continuano e di ispezioni a sorpresa dell’IAEA non se ne parla nemmeno, così come è totalmente esclusa l’esportazione del minerale di uranio già arricchito presente in Iran elemento dichiarato come una linea rossa invalicabile dagli iraniani.
Un altro punto di certezza è la chiusura dell’Iran ad ispezioni a sorpresa dell’IAEA su tutto il territorio nazionale senza obbligo di preavviso fino alla terza fase dei negoziati sul nucleare, questo è un punto focale delle richieste sia occidentali, sia di Israele. Le ispezioni senza preavviso e senza esclusioni territoriali sul suolo della Repubblica Islamica dell’Iran darebbero la massima garanzia dall’aderenza iraniana agli eventuali accordi che dovessero essere stipulati. Gli iraniani avrebbero dichiarato che accetterebbero le ispezioni al termine del processo diplomatico e cioè nella terza fase di colloqui. Nessuno ha però sottolineato che nella seconda fase dei colloqui diplomatici l’Iran chiederà con grande probabilità la rimozione delle sanzioni, quindi gli Stati Uniti dovranno fare un passo decisivo prima dell’avvio delle ispezioni senza sorpresa.
Le ispezioni a sorpresa e senza limite sono il vero punto focale di tutte le attuali, passate e probabilmente future trattative con l’Iran. Qualunque accordo venga sottoscritto tra l’Iran e il gruppo 5+1 dovrà comunque essere verificato. L’Iran mette sul tavolo diplomatico una fatwa del Grande Ayatollah Alì Khamenei e chiede fiducia ma molteplici passate dichiarazioni di parlamentari e alti funzionari iraniani, comprese le stesse dichiarazioni risalenti al 2006 dell’attuale presidente Rohani che si riferivano a tattiche dilatorie dell’Iran come mezzo per arrivare a progressi in campo nucleare, impediscono questa concessione di fiducia.
Parallelamente le sanzioni internazionali rimangono in piedi, seppur indebolite sul piano della credibilità dalle molteplici aperture di Stati Uniti e Regno Unito. Queste aperture hanno determinato nei mercati internazionali fortissime aspettative riguardanti la ripresa dei rapporti commerciali e finanziari con l’Iran.
Al fine di non farsi trovare impreparate numerose multinazionali potrebbero già essere in contatto, in queste settimane, con i funzionari iraniani addetti al commercio estero per i contratti riguardanti le esportazioni petrolifere, e le importazioni di alta tecnologia. La prospettiva di questa “corsa all’oro” in terra iraniana da parte di decine di multinazionali occidentali rischia però di impedire un eventuale riduzione graduale delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti.
Probabilmente, al primo vero allentamento delle sanzioni, al fine di non essere sorpassati dai competitor, i contratti di scambio tra l’Iran e il mondo intero fioriranno, magari passando per società cinesi. Perché proprio cinesi? Perché secondo una nostra analisi in caso di allentamento delle sanzioni i primi scambi autorizzati saranno con società cinesi e giapponesi del settore petrolifero e proprio in Cina società di comodo potrebbero rappresentare gli interessi anche di molte società occidentali.
Per quanto riguarda la reazione israeliana vi riportiamo il pensiero di Yuval Steinitz, ministro per gli affari strategici il quale ha dichiarato che spera che lo stato di Israele teme che la conferenza di Ginevra del 2013 finisca come la conferenza di Monaco del 1938
Prossimo incontro il 7 e 9 novembre prossimo.