Tra i tanti indicatori macro economici che per motivi professionali teniamo costantemente sotto controllo, ce n’è uno particolarmente importante: la disoccupazione giovanile. Da un punto di vista economico ha una serie di implicazioni che il lettore già conosce. Ci permettiamo, a latere, di connotare questo parametro come particolarmente fastidioso perchè, al di là dei meri ragionamenti tecnici, stiamo parlando del futuro dei vostri e nostri figli e più in generale del futuro della Nazione stessa. La disoccupazione giovanile è un macigno mortale che soffoca le nuove generazioni e questo accade, in linea di massima, per rigidità ed errori che ereditano dal passato.
E allora fanno impressione i dati relativi alla disoccupazione giovanile che ovunque era in calo e, in ogni caso, molto vicina al 20% fino al 2008 anno in cui avvenne l’ormai tristemente noto tracollo di Lehman. Da quel momento in poi, in ogni angolo d’Europa (Germania esclusa), la disoccupazione giovanile si è impennata in modo catastrofico, più che raddoppiando in alcuni casi. I casi emblematici sono quelli di Grecia (59,4%) e Spagna (55,5%) (sì avete letto bene, in Grecia ci stiamo avviando ad avere 2 ragazzi su 3 senza lavoro, ndr). In questo contesto nemmeno l’Italia si salva: certo, siamo diverse lunghezze dietro le catastrofiche situazioni greche e spagnole, ma nel mese di gennaio 2013 è avvenuto un fatto singolare. La disoccupazione giovanile italiana ha superato (di un soffio) quella portoghese. I nostri giovani disoccupati sono giunti al 38,7% mentre i vicini portoghesi sono al 38,6%. Inezie, in quadro fosco.
Tuttavia alcuni analisti stanno alzando il livello di allarme per due motivi:
- Il livello odierno di disoccupazione giovanile italiana è pari a quello greco di due anni fa
- L’outlook sull’Italia permane negativo
Gli analisti di GeoPoliticalCenter, tuttavia, esprimono cautela. Innanzitutto permane l’errato confronto diretto tra Italia e Grecia: i paesi sono estremamente diversi, a maggior ragione se si confronta il mercato del lavoro. Bisogna aggiungere a questo, che l’outlook sull’Italia è ad oggi negativo ma è principalmente basato su prospettive politiche che possano garantire o meno la stabilità di governo. Non siamo di certo noi a dire che la stabilità non sia importante, tutt’altro. Quello che però ci sembra essere (volutamente) messo in secondo piano è l’austerity.
Un anno fa, quando per vari motivi sicuramente politici ed economici, si diffuse la vulgata dell’austerity come mezzo salvifico, venne inseguita e (quasi) raggiunta. Allora, sulla carta sembrava tutto molto funzionale e funzionante. Ma già nel corso del 2012, in tutta Europa e in particolar modo in Italia, si cominciavano a intravvedere i primi riflessi negativi. Oggi possiamo dire, senza tema di smentita, che l’effetto collaterale più pesante lo si sta registrando proprio a livello di disoccupazione e di disoccupazione giovanile in particolare. Le soluzioni cercate sono quantomeno fantasiose (e ampiamente criticate da molti economisti). Non è in questo articolo che si vuole fare un approfondimento in merito, tuttavia si cerca di fluidificare l’accesso al mondo del lavoro con un mix di misure che colpiscono da un lato diritti dell’entrante e di chi è già entrato, ma non si intacca in alcun modo la fiscalità sul lavoro, vero freno allo sviluppo.
Per quanto la nostra voce sia una piccola voce, ci uniamo al coro di chi sostiene che l’austerity sia una strada di responsabilità e di buona conduzione dell’economia nazionale. Tuttavia questo approccio funziona ed esprime le proprie potenzialità durante cicli economici espansivi o moderatamente in contrazione. Durante cicli economici di depressione o stagnazione, applicare l’austerity in modo automatico, non fa altro che moltiplicare i problemi: li stiamo semplicemente spostando in modo poco controllabile dal comparto finanziario a quello economico reale.
Non è un caso se l’unica nazione a trarre nuovamente e ulteriormente vantaggio da questa situazione sia proprio la Germania che è stata virtuosa già al di fuori di questo ciclo economico congiunturale. La stessa austerity applicata adesso in itinere alle altre nazioni ha avuto risultati diametralmente opposti.