Israele attaccherà l’ Iran, non è più questione se ciò accadrà, è solo questione di quando questo possa accadere.
Le “Red Lines” poste da Israele e dagli Stati Uniti sono state superate, e anche se il primo ministro di Israele non vuole più sentire parlare di Red Lines o di Time Lines, questi sono i fatti. Netanyau conosce perfettamente i fatti e meglio di noi conosce le Red Lines che l’ Iran ha varcato ormai da settimane.
Ciò che mancava era un adeguato apparato militare che però in questi giorni si è completato, con l’arrivo della portaerei Enterprise e la presenza di altre due portaerei classe Nimitz nell’area del Golfo Persico il dispiegamento delle batterie anti missile nei pressi di Tel Aviv, delle bombe Bunker Buster da 15 tonnellate nella base avanzata di Diego Garcia pronta per i bombardieri B-2.
La motivazione per la quale Israele attaccherà sono sia di ordine strategico sia di ordine politico.
- Se l’ Iran entrasse in quella cosiddetta “zona di immunità” determinata sia dalla capacità di assemblare in poche settimane un arma atomica, sia dalla capacità di arricchire grandi quantità di uranio in siti protetti, diventerebbe di fatto intoccabile, per il timore che vicino alla disfatta il regime possa impiegare l’arma atomica come arma di rappresaglia, sulla falsa riga di quanto fecero i tedeschi con le V2 su Londra.
- Ogni giorno che passa l’apparato di difesa aerea dell’Iran, così come le sue forze aeronavali, diventato più forti, più addestrate, con più armi di nuova concezione a disposizione e con un sempre maggior numero di missili balistici, anche a lungo raggio.
- Dalle ultime dichiarazioni del presidente americano Obama abbiamo chiaramente inteso che il presidente ha la ragionevole sicurezza di essere rieletto. Se venisse rieletto non dovrebbe più fare i conti con l’opinione pubblica e potrebbe estremizzare la propria linea del disimpegno internazionale e della diplomazia ad ogni costo che verrebbe interpretata da nazioni autoritarie come l’ Iran alla stregua di un segno di debolezza. Un esempio lo abbiamo avuto al recente vertice di Seoul sul nucleare dove Obama ha detto, non accorgendosi di un microfono acceso, al presidente russo Medviedev, che dopo le elezioni potrà fare a Mosca molte concessioni riguardanti la riduzione degli arsenali nucleari e il ridimensionamento delle difese antimissile, ma che per ora in campagna elettorale, non gli è possibile. In tale contesto l’unica opportunità degli Israeliani di avere un aiuto concreto da Obama è agire prima delle elezioni di novembre in America, in caso contrario rischiano di trovarsi di fronte ad un’America chiusa nel suo guscio e focalizzata sulla regione del Pacifico, lasciando il medio-oriente al proprio destino.
Ma l’America nei prossimi mesi non potrà restare estranea al conflitto, e non potrà farlo proprio per la politica del disarmo nucleare globale che è il sogno non tanto segreto del presidente americano. Il presidente Obama ha lottato in tutto il suo mandato per cercare di ridurre gli arsenali nucleari mondiali, ha firmato accordi bilaterali coni Russi e per farlo fonti di stampa hanno affermato che gli americani avrebbero condiviso alcune caratteristiche dei missili Trident facendo non poco innervosire il governo inglese; ha rinunciato allo scudo antimissile così come concepito da Bush e ha offerto mille volte la soluzione diplomatica agli iraniani pur di evitare che proseguissero lungo la via del nucleare militare. Ma la diplomazia ha fallito ed ora Obama per perseguire il sogno, che è il sogno di tutti noi, di un mondo senza armi nucleari è costretto ad una guerra, una guerra contro un governo che lo ha ingannato e che rischia di far ricordare la presidenza Obama come il periodo nel quale abbiamo assistito alla più vasta proliferazione nucleare della storia dell’umanità in una regione altamente instabile come il medio-oriente.