Ad aggiungere benzina ad un fuoco che già bruciava alto le parole sulla stampa ufficiale del governo cinese, che ha paragonato l’acquisto degli isolotti da parte del governo di Tokio ad un furto. Contestualmente l’annuncio che da domani mattina circa un migliaio di pescherecci cinesi farà rotta sulle isole Senkaku per svolgere in quello specchio d’acqua, da ieri a tutti gli effetti giapponese, attività di pesca. Anche se non è il pesce il vero obiettivo della Cina, ma il petrolio sotto il fondale marino, inviare una flottiglia così vasta di barche da pesca manda un segnale fortissimo al Giappone e a tutti i vicini della Cina che avanzano pretese territoriali, nell’area di pacifico che il gigante orientale ritiene propria zona economica esclusiva: la Cina non cede ed è pronta allo scontro.
Così domattina pescherecci cinesi e unità minori della Guardia Costiera giapponese potrebbero trovarsi pericolosamente vicine le une alle altre, e abbiamo già visto cosa accede quando pescherecci cinesi sono avvicinati per controlli da guardacoste stranieri in acque che la Cina rivendica come proprie: arrivano unità da guerra della marina cinese ed i guardacoste che hanno bloccato i pescherecci cinesi sono spesso costretti a ritirarsi. Ma i giapponesi sono fatti di un’altra pasta, non cederanno solo perchè la loro imbarcazione è meno armata e meno possente di quella avversaria, non arretreranno di un metro a meno che sia un ordine diretto e perentorio da Tokio a costringerli. Il vero problema e che quell’ordine da Tokio potrebbe non arrivare e la situazione nelle piccole e sperdute isole Senkaku diventare molto complicata.