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Alta Tensione tra Cina e Giappone per le Isole Senkaku

Altissima tensione tra Cina e Giappone per un piccolo gruppo di isole, le Isole Senkaku, contesa da decenni tra le due nazioni dell’estremo oriente. Negli ultimi quindici anni le isole Senkaku sono divenute un terreno aspro per le due diplomazie orientali, dopo che nei fondali di pertinenza degli isolotti, fino ad allora importanti solo sotto l’aspetto dell’orgoglio nazionale e di un più ampio bacino esclusivo di pesca, sono state prima sospettate, poi scoperte, ingenti quantità di idrocarburi, in particolare gas naturale e petrolio a profondità accessibili ai moderni sistemi di esplorazione petrolifera. Da quel momento le isole Senkaku sono diventate strategicamente fondamentali, ancor di più oggi dopo che il Giappone ha deciso di ridurre la propria capacità di produrre energia utilizzando la fissione nucleare. In questo contesto di scelte energetiche avere a disposizione riserve di idrocarburi diventa una questione di sicurezza nazionale. Così il governo di Tokio, infrangendo un tacito accordo con Pechino, ha acquistato da una famiglia giapponese i quattro maggiori isolotti del piccolo arcipelago, isolotti che sono così diventati proprietà e parte integrante dello stato giapponese. Alla notizia di questo fatto in Cina è scoppiata la rabbia, prima del governo e subito dopo della piazza. Centinaia di attività giapponesi in Cina dai piccoli negozi, ai ristoranti fino alle grandi multinazionali, hanno dovuto chiudere le saracinesche mentre decine di migliaia di cinesi manifestavano violentemente contro i giapponesi distruggendone e vandalizzandone le proprietà.
Ad aggiungere benzina ad un fuoco che già bruciava alto le parole sulla stampa ufficiale del governo cinese, che ha paragonato l’acquisto degli isolotti da parte del governo di Tokio ad un furto. Contestualmente l’annuncio che da domani mattina circa un migliaio di pescherecci cinesi farà rotta sulle isole Senkaku per svolgere in quello specchio d’acqua, da ieri a tutti gli effetti giapponese, attività di pesca. Anche se non è il pesce il vero obiettivo della Cina, ma il petrolio sotto il fondale marino, inviare una flottiglia così vasta di barche da pesca manda un segnale fortissimo al Giappone e a tutti i vicini della Cina che avanzano pretese territoriali, nell’area di pacifico che il gigante orientale ritiene propria zona economica esclusiva: la Cina non cede ed è pronta allo scontro.
Così domattina pescherecci cinesi e unità minori della Guardia Costiera giapponese potrebbero trovarsi pericolosamente vicine le une alle altre, e abbiamo già visto cosa accede quando pescherecci cinesi sono avvicinati per controlli da guardacoste stranieri in acque che la Cina rivendica come proprie: arrivano unità da guerra della marina cinese ed i guardacoste che hanno bloccato i pescherecci cinesi sono spesso costretti a ritirarsi. Ma i giapponesi sono fatti di un’altra pasta, non cederanno solo perchè la loro imbarcazione è meno armata e meno possente di quella avversaria, non arretreranno di un metro a meno che sia un ordine diretto e perentorio da Tokio a costringerli. Il vero problema e che quell’ordine da Tokio potrebbe non arrivare e la situazione nelle piccole e sperdute isole Senkaku diventare molto complicata.