Ahmadinejad : il colpevole predestinato
Sono giorni di estrema tensione in Iran e sono giorni difficilissimi per il presidente iraniano Ahmadinejad. L’Iran si divincola nella morsa delle sanzioni economiche, sanzioni che hanno spinto l’inflazione al 25% con il prezzo della benzina che sale in maniera repentina ed imprevedibile, nonostante gli sforzi del regime e delle autorità monetarie di contenere le spinte speculative. Spinte speculative che continuano anche nei confronti della moneta nazionale il Rial che nell’ultimo anno ha perso un terzo del suo valore nei confronti del dollaro ed in generale di tutte le divise “forti”del mondo. Ed i cittadini iraniani, incoraggiati da una parte non secondaria del regime, hanno individuato il responsabile di questa situazione, un responsabile sacrificabile, sotto il punto di vista dei massimi vertici del regime, un responsabile che comunque tra pochi mesi dovrà cedere la propria posizione di potere, comunque molto ridimensionata nelle ultime settimane. Parliamo del presidente Ahmadinejad.
E mentre a Tehran serpeggia lo scontento e qualche negoziante pensa timidamente ad uno sciopero per manifestare tutta l’insofferenza di un intero popolo verso la diminuzione della capacità di spesa degli iraniani il regime forse si affida ad un personaggio che è già stato presidente in passato e il cui soprannome “lo squalo” potrebbe far apparire Ahmadinejad un pacifista. Parliamo dell’ ex presidente iraniano Rafsanjani, uomo duro del regime, politico che non conosce il vero significato della parola compromesso e che per le sue doti imprenditoriali potrebbe essere visto da una parte del popolo iraniano come l’uomo in grado di risollevare l’economia del paese e ridurre la piaga della disoccupazione, che attanaglia i giovani iraniani più dell’inflazione stessa. Così il regime iraniano ha trovato il colpevole della crisi del paese, un colpevole che già da due anni si trova in rotta di collisione com la Guida Suprema della Repubblica Islamica iraniana.
In questi mesi di grave crisi economica, con le elezioni presidenziali alle porte e la minaccia di una azione militare contro l’Iran sempre più concreta, anche se i media occidentali non ne parlano più, le masse che scenderanno in piazza nei prossimi giorni a Tehran potranno sfogare la loro rabbia e la loro disperazione non contro il regime ma contro una figura ormai esclusa dal piccolo nucleo degli uomini che contano in Iran e, forse, anche questa volta il regime si salverà diventando però ancora più rigido e repressivo; mentre il nome di Ahmadinejad sarà scandito dalle folle nei cori di protesta insieme a quello del Rais di Damasco Al Assad che il popolo iraniano non vede più come un amico ed un alleato dell’Iran ma come il sanguinario protagonista di una guerra fratricida.