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Il Discorso di Al Assad alla nazione. L’ analisi di GPC

da WikipediaDomenica 6 gennaio 2013 il Rais siriano Al Assad ha parlato alla nazione siriana e al mondo intero dopo due mesi di relativo silenzio e una sola apparizione pubblica.
Durante il discorso pronunciato davanti ai propri fedelissimi, ritrasmesso in diretta tv, Al Assad ha ribadito la propria convinzione nel riuscire a contenere la rivolta degli oppositori. Al Assad ha rifiutato qualsiasi proposta di mediazione con gli oppositori avanzata sia dal mediatore delle Nazioni Unite Brahimi, sia dagli altri stati implicati a vario titolo nella guerra civile siriana; il rifiuto di Al Assad a qualsiasi mediazione è dovuto al fatto che le proposte finora in campo prevedono sempre e comunque, non solo le sue dimissioni, ma l’estromissione dalla vita politica del partito Baath e della minoranza alawita della quale al Assad è il principale esponente.
Tuttavia nel discorso del Rais siriano cogliamo numerosi elementi che evidenziano la precarietà del regime, non tanto come capacità di resistere nella roccaforte costiera, quanto nella possibilità di controllare la capitale della Siria. In particolare quando ha fugacemente ammesso che parte del paese e numerosi valichi di confine sono nelle mani dei ribelli.
Un altro elemento è apparso evidente nel discorso di Al Assad: il Rais non è solo, non è stato abbandonato dall’ alleato russo e men che meno è stato abbandonato dall’alleato iraniano, che continua a rifornire costantemente di armi, anche avanzate come i missili balistici a corto raggio Fateh/110 recentemente impiegati conto i ribelli. Ma Teheran non si limita a fornire armi, provvede anche a rifornire il regime siriano degli specialisti necessari al corretto funzionamento di questi sistemi.
Il presidente siriano ha inoltre utilizzato in modo diverso la parola guerra. Negli ultimi discorsi era balenata, seppur fugacemente, la parola guerra civile, nell’ultimo discorso invece al Assad ha parlato di guerra, guerra vera e propria. Una guerra che secondo al Assad viene combattuta non contro un nemico interno, ma contro un nemico esterno. Questa è l’ultima analisi della situazione che il Rais siriano ha fornito al suo popolo e al mondo. La Siria è in guerra, è in guerra contro un aggressore straniero, anche se è difficile identificarlo. Per questo motivo il presidente della Siria chiama i propri fedelissimi alla mobilitazione generale.
Ma la presenza di un aggressore esterno cambia anche le regole di utilizzo delle armi di distruzione di massa in possesso della Siria. Nei mesi scorsi importanti esponenti del governo di Damasco avevano ammesso il possesso di armi chimiche, avevano anche l’escluso l’utilizzo di tale armi sulla propria popolazione, riservando solo nel caso di una aggressione esterna. Ed è proprio questo il punto focale del discorso di Al Assad. La Siria fronteggia oggi un aggressore esterno, la situazione è paragonata a quella della guerra totale, e durante una guerra totale quasi ogni cosa può essere concepita.
La presenza di un aggressore esterno giustifica inoltre la presenza di personale e armi fornite dall’Iran sul suolo siriano, tra la Siria e l’Iran è in vigore un patto di mutuo soccorso, un accordo politico e militare stipulato alcuni anni fa, che considera l’aggressione ad uno dei due paesi come un’aggressione ad entrambi, autorizzando in maniera estremamente rapido la fornitura di tutto il supporto necessario, non solo in termini di uomini e materiali al paese aggredito. Quanto scriviamo tutto il supporto necessario ci riferiamo anche ad azioni militari dirette di entrambi i paesi contro il nemico comune. L’ipotesi quindi che la Repubblica islamica iraniana possa prendere parte direttamente al conflitto siriano, nel caso in cui esso dovesse degenerare, non è solamente un’ipotesi accademica, ma trova giustificazioni sia nei trattati internazionali vigenti tra due stati, sia nei comportamenti concreti che essi hanno messo in atto negli ultimi mesi della guerra civile siriana.
Dopo il discorso di al Assad lo spettro di una guerra regionale che potrebbe vedere coinvolto l’Iran si sta sempre più materializzando in medio oriente.
Se è vero infatti che la federazione russa ha molto da perdere dalla caduta del Rais siriano ancor di più avrebbe da perder la Repubblica Iraniana, in quanto senza più il forte alleato siriano le possibilità di rappresaglia nei confronti di Israele si riducono alle sole capacità di Hezbollah, che seppur imponenti per una milizia parastatale non possono essere paragonate alle capacità militari siriane; a meno che nel domino mediorientale cambi radicalmente la strategia egiziana. L’Egitto potrebbe nel giro di alcuni anni, una volta sostituita buona parte dell’attuale élite delle forze armate, diventare il maggior alleato dell’Iran nella regione, e il più grande problema per l’occidente e per lo Stato di Israele. Ma per ora l’Egitto è alle prese con il consolidamento del nuovo potere dei fratelli mussulmani e una guerra rischierebbe concretamente di determinare il crollo del nuovo regime.
Per ora quindi, nonostante gli sforzi compiuti al Cairo, l’Iran deve concentrarsi sulla Siria e agire al fianco di Al Assad, valutando con molta attenzione rischi e possibilità di ogni possibile escalation che potrebbe coinvolgere la Turchia, la Giordania e lo stato di Israele.
Le implicazioni sui rapporti che Usa e Federazione Russa verranno trattati in una successiva analisi di base.
Qui trovate un link ad un interessante articolo della Reuters