Roma 19 Gennaio 2011
La location del vertice non è stata scelta a caso, e nemmeno per mere questioni geografiche. Istanbul è stata scelta per due motivi :
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testimonia il ruolo chiave che ha avuto lo stato turco nel raggiungimento di questo obiettivo diplomatico. La doppia natura della Turchia attuale, membro della NATO e di fatto alleato di Tehran, ha reso possibile che il ministro degli esteri turco, vero protagonista dei rapporti diplomatici tra Usa e Iran degli ultimi mesi, abbia potuto godere della fiducia di ambo le parti.
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il fatto di ospitare il vertice offre ai turchi il pretesto diplomatico per partecipare al vertice del “5 + 1” in veste di paese ospitante. La presenza turca rassicura notevolmente il regime iraniano che l’anno scorso, con la mediazione di Turchia e Brasile aveva cercato di ottenere un vantaggiosissimo ( per l’Iran ) accordo riguardante il combustibile nucleare.
Il presidente americano è pronto allo scontro militare, ma per carattere, formazione, ideologia e ambiente famigliare cerca in ogni modo di risolvere per via diplomatica ogni situazione. Questo aspetto, eticamente lodevole, del Presidente americano rischia però nei fatti di essere estremamente controproducente, facendolo apparire debole di carattere e non risoluto, caratteristiche che nel medio oriente sono attentamente analizzate, anche in modo involontario, non solo dalla masse, ma anche dai leader politici e militari. La notizia qui riportata da Press Tv ne è un chiaro esempio.
Vi forniamo un breve riassunto del comportamento, che può apparire debole, del Presidente. Per prima cosa, sebbene la Repubblica Islamica Iraniana abbia iniziato ad arricchire uranio in installazioni fortificate il presidente Obama non ha reagito fermamente; non è stata intrapresa nessuna azione atta a distruggere il drone RQ-170 caduto nelle mani degli Iraniani; è inoltre notizia di ieri 18 gennaio che il presidente Obama raccomanda di attuare le sanzioni contro l’Iran in modo graduale per non danneggiare le economie occidentali.
I nostri analisti credono che questo comportamento sia dettato dalla percezione dell’amministrazione americana che con le elezioni alle porte, l’Iran possa scegliere la strada dello scontro a fini interni. Alcuni analisti dell’amministrazione americana potrebbero ritenere che le elezioni di marzo possano segnare l’inizio di una rivolta interna all’Iran. Nel caso in cui le forze riformatrici, ora all’opposizione, registrassero un successo elettorale l’apparato di sicurezza del regime potrebbe intervenire per far si che tale risultato non metta in pericolo il regime e, contestualmente, riduca il potere delle Guardie della Rivoluzione ( IRGC ). Potrebbero essere attuali brogli elettorali e represse duramente le proteste spontanee che potrebbero svolgersi nei giorni successivi a Tehran. La nostra sezione di analisi ritiene che un cambio di regime, mediante una sommossa interna, non è possibile in Iran se l’apparato delle IRGC rimane intatto. I Pasdaran, con la loro ben chiara catena di comando ed installazioni militari sparse per il paese, sono al momento in grado di garantire la sicurezza del regime.
I sauditi sembrano molto più consci del fatto che l’opposizione iraniana non possiede oggi la forza per prendere il potere in Iran. Tutte le monarchie sunnite nel Golfo si stanno preparando al meglio per un confronto a tutto campo nel Golfo Persico, non solo nel cruciale Stretto di Hormuz.
Parlando in Baharein due giorni fa ( il 17 gennaio 2012 ) Turki al Faisal, principe Saudita, ex capo dei servizi informativi di Riad, ha ribadito agli alleati del Golfo e ai nemici del regno saudita che l’Arabia si sta preparando a difendere i propri interessi nella regione con i mezzi disponibili, ribadendo con insistenza ” con ogni mezzo “.
Il regno saudita ritiene la ripresa del dialogo offerta dall’Iran sia solo un pretesto per guadagnare tempo e accumulare una maggior quantità di materiale fissile utile a scopo militare. Molti media occidentali hanno evidenziato che fonti di intelligence sia americane, sia israeliane, hanno ribadito che ad oggi l’Iran non ha iniziato la costruzione di un ordigno atomico, supportando di fatto presso l’opinione pubblica la scelta americana di proseguire con la diplomazia. Tuttavia, siamo obbligati a ricordare che la tappa limitante e che richiede molto tempo, nella costruzione di un ordigno atomico a fissione basato sull’uranio è la separazione dell’ U235 dall U238. Questo passaggio, noto come arricchimento dell’uranio, può durare molti mesi o anni, in base alla tecnologia disponibile. Una volta ottenuto l’uranio Weapons Grade bastano pochi giorni o al massimo settimane per assemblare l’ordigno.
GPC ritiene che l’incontro di Istambul previsto per fine mese sia l’ultima possibilità data alla diplomazia, prima che i Sauditi insieme agli Israeliani passino alle ive di fatto, con o senza la luce verde di Obama, che a questo punto sarebbe comunque costretto a partecipare alla campagna militare. Anche per questo motivo riteniamo che l’America non resterà in seconda fila, ma coordinerà e parteciperà direttamente alle azioni militari che dovessero aver luogo nel caso in cui il vertice di Istanbul fallisse.
A nostro avviso l’Iran sta facendo il possibile per aver pronto un piccolo numero di ordigni atomici prima delle elezioni legislative di marzo, scadenza fortemente percepita in medio oriente come possibile data definita dagli americani per interrompere gli sforzi diplomatici, così da presentarsi al mondo come potenza nucleare e quindi intoccabile; come intoccabili diventerebbero gli alleati di Tehran : in primis la Siria e gli Hezbollah libanesi.