Uno stato di così alta prontezza rivela il timore che le proprie forze di rappresaglia potessero essere rese inoffensive se fossero rimaste nelle basi abituali e che i comandanti preferiscono esporre uomini e mezzi alle intemperie dell’ inverno iraniano invece di rischiare di perdere gran parte dei missili in una sola notte. Certo che una lunga esposizione agli agenti atmosferici non è augurabile e detto stato di allerta non potrà essere mantenuto per un lungo periodo di tempo.
Il cuore della forza missilistica iraniania il modello originale dello Shahab-3 non ha la capacità di poter stoccare al suo interno il carburante del motore a combustibile liquido e deve essere rifornito poco prima del lancio, come è d’obbligo con i missili Scud da cui è derivato, le ultime varianti dello Shahab e i missili a più corto raggio hanno capacità di stoccaggio di combustibile o motori a combustibile solido e questo consente la dispersione delle forze in maniera più capillare senza necessità di avere al fianco automezzi di supporto per il rifornimento prima del lancio.
Questa mossa da parte dell’alto comando delle guardie della rivoluzione va comunque interpretato nell’ottica di una possibile rapida escalation della guerra non ufficiale in atto nei confronti dell’Iran, che sta causando alle capacità militari del regine degli Ayatollah danni ogni giorno maggiori e che di fatto ne stanno erodendo le capacità di risposta a medio e lungo raggio.