Hamas, la fazione palestinese che controlla, quasi del tutto, la Striscia di Gaza, sta vivendo negli ultimi mesi una trasformazione interna tutt’altro che scontata e tutt’altro che di semplice lettura. Un modo per prevedere come evolverà la politica di Hamas può essere verificare l’origine dei fondi che questa organizzazione ha ricevuto e riceverà in futuro per il proprio sostentamento, civile e militare.
Per prima cosa infatti la caduta del regime di Mubarak in Egitto, e la rinascita del movimento dei fratelli mussulmani, ha indotto una parte di Hamas a cercare di interrompere i contatti con la controparte sciita, o quantomeno limitarli, e tornare nella sfera di influenza della fratellanza egiziana, dalla quale il movimento palestinese prese vita nella prima metà degli anni ottanta, per pi divenire un soggetto attivo alla fine dello stesso decennio. Al fianco dei Fratelli Mussulmani sono presenti fin dai primi momenti delle rivolte arabe, le monarchie del Golfo che hanno incoraggiato, sostenuto e indirizzato in modo abbastanza evidente i movimenti delle piazze. Poi è venuta la rivolta in Siria, il timore che il regime di Assad possa crollare per implosione, il panico di Hezbollah che ha portato in Libano tutto quello che si poteva spostare, la prospettiva di rimanere dalla parte dei perdenti, isolati dal mondo fisicamente dal blocco navale israeliano, e isolati diplomaticamente senza appoggio della parte sunnita, e con Hezbollah e Iran che senza la Siria di Assad devono pensare in primo luogo alla loro sopravvivenza e a non essere la prossima tessera a cadere nel Domino mondiale delle insurrezioni popolari.
Così Hamas ha iniziato a accettare fondi, per se e per la popolazione di Gaza, da Paesi come la Turchia, e da organizzazioni “caritatevoli” islamiche legate sia ai Fratelli Mussulmani, sia alle monarchie del Golfo, il Leader attuale ha annunciato che non si presenterà alle prossime elezioni, troppo coinvolto con i vecchi schemi per proseguire nell’impegno politico, ma uomo saggio nell’accettare la possibile nuova strada del proprio movimento. Meshaal ha concluso la propria esperienza politica con un tour di tutto il medio oriente, Israele escluso, passando dall’Egitto ai Paesi arabi dl Golfo, la Giordania, ed infine l’Iran. Questo viaggio potrebbe avere avuto sia valenza di saluto di addio nei confronti dei governanti di questi paesi, sia la testimonianza che una parte importante di Hamas non rinnega, per ora, l’alleato Iraniano, anzi cerca di rinnovare il fronte islamico a favore delle popolazioni palestinesi.
Hamas è quindi diviso al proprio interno sul fatto di diventare una forza di governo e limitare di fatto gli aspetti di lotta estremistica che lo aveva caratterizzato fino al 2010-11, ma non tutti sono concordi e non tutti decideranno prima che la partita siriana si sia conclusa, in un modo o nell’altro.