Il comitato per la riunificazione pacifica della Corea ha inoltre dichiarato che verranno intraprese dure rappresaglie anche contro quegli stati che eventualmente raccogliessero i frammenti del missile oggetto del test.
Questo tipo di dichiarazioni rientra nel “ modus operandi “ della Corea del Nord e non stupisce gli analisti che seguono la regione, tuttavia sarà estremamente interessante osservare lo stato di allerta dell’esercito di Pyongyang nei giorni immediatamente precedenti al test. In modo particolare sarà importante valutare l’uscita dai porti della componente sottomarina e gli eventuali movimenti dei reggimenti di artiglieria e della difesa aerea.
In caso di una rappresaglia verso la Corea del Sud queste forze sarebbero le prime ad essere impiegate, sia in fase offensiva ( l’artiglieria e i reggimenti missilistici ) sia nella fase di difesa dalla risposta del Sud e degli Americani ( la componente di difesa aerea ) , in quanto secondo i protocolli di reazione sud coreani l’aviazione si Seoul avrebbe un ruolo primario nella prima risposta contro un’aggressione, anche limitata, della Corea del Nord. La nuova filosofia di risposta è stata elaborata dal ministro della difesa di Seoul dopo i mortali scontri di confine del 2010, scontri nei quali decine di coreani, sia del nord che del sud, persero la vita. La risposta delle forze armate della Corea del Sud apparve comunque approssimativa e tardiva.
La Corea del Nord ribadisce che il test ha scopi pacifici e che il lancio servirà per portare in orbita un satellite utile alle osservazioni del nostro pianeta. Il nostro gruppo di analisi ritiene che il lancio sia invece un test di un vettore balistico intercontinentale, test utile allo sviluppo di un missile di maggior gittata e carico utile che dovrebbe essere presentato dalla Corea del Nord nei prossimi mesi.
Ecco la notizia della Yonhap