Il Nord della Siria ormai è un territorio sotto il controllo dei ribelli Qaedisti. L’ISIS (Islamic State of Irak and Syria) ha ormai schiacciato le formazioni dell’FSA e controlla, sia dal punto di vista amministrativo, sia dal punto di vista militare circa il 70 % delle zone al confine con la Turchia. È questo lo scenario peggiore ipotizzabile per il governo turco che si trova oggi a fronteggiare il concreto pericolo di infiltrazioni di terroristi dal Nord della Siria.
Secondo fonti turche l’intelligence di Ankara sarebbe in stato di massima allerta ed alla ricerca attiva di alcune cellule terroristiche che sarebbero già attive all’interno dei confini della Turchia.
Cellule che potrebbero organizzare nelle prossime settimane eclatanti attentati suicidi nelle metropoli turche mediante l’utilizzo di autobombe, riempite con l’esplosivo utilizzato quotidianamente oltre confine sia per combattere l’esercito lealista, sia per combattere gli altri ribelli che fanno capo all’FSA.
Già nelle scorse settimane, forze armate turche e gruppi di ribelli dell’ISIS si erano confrontati nella parte orientale del confine tra Siria e Turchia. Alcuni colpi di mortaio dei guerriglieri Qaedisti avevano raggiunto il territorio turco e l’artiglieria pesante campale di Ankara aveva risposto martellando le posizioni dell’ISIS causando diverse vittime. Da quel giorno la voglia di vendetta degli estremisti è cresciuta motivata inoltre dal supporto offerto dalla Turchia ai rivali, sconfitti, dell’FSA. Ora la Turchia dovrà pagare il prezzo della propria indecisione all’inizio della guerra civile in Siria. Quell’indecisione che ha portato il governo di Erdogan a schierarsi contro Al Assad ma che allo stesso tempo non ha permesso ad Erdogan di supportare in modo massiccio i ribelli dell’FSA. Questa tattica del “Leading from Behind” tanto amata dell’America e applicata su scala locale dalla Turchia ha determinato ulteriore instabilità, ulteriore caos e un aumento tangibile del rischio terroristico.