Sempre più spesso raccogliamo indicazioni che aumentano le probabilità di un possibile conflitto diretto tra Stati Uniti e Federazione Russa in Siria, ma forse la definizione migliore sarebbe di un conflitto per la Siria e non in Siria.
Dopo il naufragio degli accordi di Ginevra, dopo il bombardamento di Stati Uniti, Gran Bretagna, Danimarca e Australia (che ricordiamo sarebbe durato quasi due ore) contro i soldati governativi siriani assediati a Dier Ezzor, dopo il bombardamento russo-siriano del convoglio della Croce Rossa/Mezzaluna Rossa ad ovest di Aleppo, stiamo assistendo ad una escalation verbale tra Mosca e Washington che ha pochi precedenti negli ultimi 50 anni di storia.
Negli ultimi giorni Mosca ha apertamente minacciato un conflitto con gli Stati Uniti nel caso in cui Washington avesse intenzione di agire militarmente, ed in prima persona, contro il Governo di Al Assad, contro il presidente siriano in prima persona o contro unità dell’esercito governativo della Repubblica Araba di Siria.
Alle parole del ministero degli Esteri di Mosca ha fatto seguito un Leak (?) una “registrazione fuorionda” del Segretario di Stato John Kerry, il quale affermava che l’amministrazione Obama ha compiuto grandi errori nella gestione della guerra in Siria e che il Presidente Obama avrebbe dovuto rispondere immediatamente, e con lo strumento militare, all’intervento militare russo in favore di al Assad, lasciando intendere che oggi è proprio lo strumento militare che dovrebbe essere utilizzato per piegare in favore dell’America le sorti della guerra in Siria.
A stretto giro ha risposto a Kerry la portavoce del ministro degli esteri russo, Maria Zakahrova, la quale ha affermato che ormai è noto a Mosca lo schema di azione degli Stati Uniti, i quali fanno sempre riferimento alla diplomazia, alle Nazioni Unite, al dialogo, ma poi impongono sempre sul campo la legge del più forte.
Parallelamente alle parole assistiamo a molteplici segni di aumento della prontezza operativa sia delle forze convenzionali, sia delle forze nucleari di Stati Uniti e Federazione Russa. L’attività degli aerei spia americani RC-135, e P-8 della ragione il Mar Nero, nel Mediterraneo orientale, nell’ora del Baltico, nel Mar del Nord è quotidiano, costante, quasi continua. Nello scacchiere europeo sono dispiegati dieci aerei P8 americani, alla metà dell’intera flotta operativa, così come è estremamente elevata è l’attività dei droni di sorveglianza americani, ed è aumentata anche la presenza di aerei radar Awacs in Europa e in Italia, in particolare in Sicilia. In questo contesto si inseriscono le elezioni americane dove appare oggi più probabile la,vittoria di Hillary, la quale si caratterizza per la sua aggressività verso la Russia. Ed è proprio il vantaggio di Hillary Clinton che potrebbe spingere Mosca ad ottenere in queste settimane il massimo vantaggio sul campo, per poi trattare da una posizione di maggior forza con il nuovo presidente USA. Ma una debolezza americana nel confrontarsi con la Russia di Putin potrebbe far apparire come perdente il modello democratico dell’amministrazione americana, e quindi spingere anche il pavido Obama ad agire direttamente per fermare i guadagni sul campo di Mosca. Ecco perché le prossime settimane sono, a nostro avviso, un periodo cui dare massima attenzione, perché potremmo assistere nel, giro di pochi giorni, se non di poche ore, a repentini aumenti della tensione tra Kerry e Lavrov, tra Obama e Putin, tra le forze armate di USA e Russia.
Niente panico o paura, ma massima attenzione all’evoluzione della situazione, politica, diplomatica e militare.