Un mondo senza blocchi: il disegno strategico di Donald Trump
Trump è spesso dipinto come un uomo privo di strategia, che vive di espedienti, che non ha rispetto per il proprio staff, ma in realtà Trump è, da sempre, uno stratega.
Quale può essere quindi la strategia che viene applicata in questi mesi di presidenza di Trump?
Secondo la nostra visione il Presidente americano vuole superare il concetto di blocco, o di alleanza se preferite, che abbiamo osservato dal 1945 ad oggi.
Dalla fine della Seconda guerra mondiale abbiamo osservato il contrapporsi di due superpotenze, con al seguito i loro paesi satellite su scala globale.
Oggi è per noi evidente che Trump desideri andare oltre, per motivazioni che spiegheremo in questo post, e ottenere il massimo beneficio per gli Stati Uniti senza essere alla guida di un blocco granitico di stati. Oggi la scelta di creare un blocco attorno agli Usa potrebbe essere foriera di un disastro strategico nel medio periodo. Il sorgere di una nuova potenza globale come la Cina, pronta a sviluppare una capacità militare globale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, la coscienza di non poter in alcun modo determinare il crollo della Russia di Putin, ha fatto sì che il presidente americano immaginasse un ruolo di “unpredictable leading” per gli Stati Uniti.
Sia Russia che Cina, unitamente agli stati che cercano di ottenere capacità nucleari di tipo militare, non aspettano altro che poter individuare un nemico comune da combattere e possibilmente da sconfiggere, questo nemico non può che essere rappresentato dagli Stati Uniti d’America e dal suo “blocco” di alleanze.
In assenza di questo nemico naturale i soggetti che abbiamo nominato precedentemente non possono essere alleati, troppi interessi comuni, così come le rispettive sfere di influenza, tendono già a sovrapporsi, fatto che genera già ora divisioni entro le quali la strategia di Trump si infiltra attivamente.
Cina, Iran e Russia presto saranno in competizione per la gestione delle risorse energetiche globali. Gli Stati Uniti sono al di fuori di questa competizione in quanto le nuove tecnologie minerarie hanno fatto sì che l’autarchia energetica degli Stati Uniti sarà presto realtà. Tra pochi anni gli Usa saranno pressoché immuni da eventuali shock energetici. La Cina punta a conseguire il medesimo effetto assicurandosi concessioni minerarie in Africa, ottenendo il pieno ed assoluto controllo del Mar Cinese Meridionale e costruendo una flotta oceanica in grado di difendere “manu militari” concessioni e interessi cinesi ovunque sulla terra.
Iran e Russia già oggi si confrontano per diventare i primari fornitori di energia per la vecchia Europa, affamata di gas naturale non avendo ancora sviluppato, Francia a parte, una strategia energetica sul lungo periodo.
Ecco che in questo scenario l’ “unpredictable leading” di Trump fa sì che gli Stati Uniti possano continuare a mantenere la propria impronta di comando sui paesi della NATO, ed allo stesso tempo rassicurare la Russia riguardo la fine della strategia americana di contenimento attivo di Mosca basata sull’allargamento della NATO fino a giungere ai confini della madrepatria russa.
In un mondo senza blocchi Russia e Stati Uniti potranno trovarsi su opposte barricate riguardo alcune questioni strategiche (ad esempio la presenza russa in Mediterraneo oppure il desiderio di Mosca di influenzare, così come Washington ha fatto per decenni, la politica dell’Europa occidentale), ma Trump e Putin potrebbero anche scoprirsi alleati nell’impedire il sorgere di teocrazie islamiche, oppure bloccare le ambizioni nucleari di stati dominati da dittature millenaristiche.
In un mondo senza blocchi il nostro paese potrebbe mantenere i rapporti privilegiati che oggi possiede con gli Stati Uniti, ed allo stesso tempo dialogare con la Russia per ottenere reciproci vantaggi nei campi della ricerca, dell’energia, dell’antiterrorismo. In questo mondo nuovo sarebbe naturale per paesi che condividono la medesima cultura, la medesima storia ed i medesimi valori cooperare per impedire l’impoverimento dei propri cittadini, il mancato ricambio generazionale e affrontare le problematiche relative all’immigrazione incontrollata, lavorando insieme per un corretto flusso di individui sul piano regionale e globale.
Eliminare i blocchi significa per gli Stati Uniti aumentare la propria produzione industriale pesante, spingendo gli alleati ad essere essi stessi artefici primari della loro sicurezza, mentre gli Usa garantirebbero la capacità di risposta nucleare, le attività di comando e controllo avanzate, nonché l’assistenza globale riguardante le capacità di intelligence e di consapevolezza della situazione strategica.
Un mondo senza blocchi geopolitici favorirà la cooperazione tra paesi affini e ridurrà il sorgere di conflitti per procura oppure il desiderio di un blocco di attrarre un paese “neutrale” nella propria area. Casi come la guerra in Siria, in Ucraina, la campagna di Libia del 2011, la rivoluzione islamista in Egitto, sono frutto della politica dei blocchi perseguita dall’amministrazione Obama.
Ora il concetto è differente. Si torna ad una specie di “stato naturale” delle relazioni internazionali. In assenza di blocchi è l’interesse nazionale che guiderà i governanti. Interesse nazionale però non significa prevaricazione dell’alleato. Interesse nazionale, o America First se volete dirlo alla Trump, significa anche favorire lo sviluppo dei paesi amici nell’ottica di ottenere reciproci benefici. Bisogna tuttavia ricordare che questo “stato naturale” nelle relazioni internazionali non è destinato a rimanere in essere per sempre, ma è oggi l’unica carta nelle mani degli Stati Uniti per impedire il sorgere di un coordinamento globale che avrebbe come unico obiettivo spodestare gli Stati Uniti dal suo ruolo di referente mondiale per le questioni economiche, diplomatiche e militari.
Ricordatelo quando osserverete Trump e il suo “unpredictable leading”, non è follia, è strategia.
Comment(1)
Comments are closed.
Un mondo senza blocchi geopolitici non è mai esistito, ne mai esisterà. Fattori culturali, economici, religiosi sono da sempre gli architetti di blocchi geopolitici fin dai tempi dell’impero romano. Concordo sul fatto che, l’amministrazione Trump pratichi una strategia geopolitica ponderata, e non un insieme di gesti inconsulti frutto delle pulsioni del momento del presidente americano, ma questa strategia è bene distante da quanto presentato da questo articolo. Il vertice NATO appena concluso ha visto l’amministrazione USA chiedere maggiori investimenti sulla difesa da parte dei paesi alleati, ed un progressivo distacco energetico dagli approvigionamenti russi.
Anche perchè, con buona pace dei desiderata dell’articolista, una nuova corsa agli armamenti tra USA e Russia, è inevitabilmente destinata a far collassare, nuovamente, l’economia russa, (che ricordo, al momento è persino inferiore a quella italiana) a maggior ragione, se l’Europa smettesse di foraggiare il revanchismo putiniano comprando il gas russo. La stessa cosa vale nei confronti della Cina, dove la neonata guerra commerciale contro Pechino, la postura aggressiva delle forze aereonavali americane nel pacifico, e il tentaivo di “neutralizzare” la questione coreana, mostrano una politica di contenimento anti cinese, basata non solo su risorse americana, ma sul coinvolgimento pesante degli alleati locali dal Giappone all’Australia, e di quelli che potrebbero essere alleati del futuro (l’india). In un contesto del genere fa tristezza osservare come, per questo sito, la soluzione migliore per gli interessi italiani, sia una riedizione del meretricio politico che ha caratterizzato il rinascimento, con gli staterelli italiani, oggi sostituiti da uno stato unico, che si davano al potentato di turno, in cerca di beneficio, gettando le basi di quel nanismo politico che, purtroppo, ci affligge ancora oggi.