In Ucraina Orientale, nel Donbass, le residuali forze aeree di Kiev hanno sospeso dalla giornata odierna ogni attività di volo. Le autorità di Kiev hanno spiegato che in attesa di capire le cause dell’abbattimento dell’AN-26 precipitato ieri al confine russo colpito da un missile, mentre si trovava a 6500 metri di quota, ogni operazione di volo in quelle regioni è stata sospesa.
La decisione di Kiev determina che, chiunque sia stato il responsabile dell’abbattimento dell’aereo da trasporto militare ucraino, siano stati gli indipendentisti filorussi o la difesa aerea della Federazione Russa, oggi nel Donbass vige una No-Fly Zone.
Una No-Fly Zone (una zona di non sorvolo) che è stata implementata giorno dopo giorno, con la fornitura agli indipendentisti di missili antiaerei portatili, i cosiddetti MANPADS Strela e Strela-S, e successivamente di armi a più lungo raggio come il Buk M1 o gli SA-13.
Certo è che questa No Fly Zone è solamente temporanea e che già domani gli aerei di Kiev potrebbero tornare a solcare i cieli del Donbass.
È comunque significativo che l’episodio di ieri abbia segnato in maniera così incisiva le scelte del governo ucraino.
L’aviazione di Kiev maggiormente utile nel contrastare in maniera ravvicinata in battaglia i filorussi è stata decimata nella componente ad ala fissa, e quasi annientata nella componente elicotteristica. Anche un singolo mezzo è oggi importate per Kiev. È importante perché in caso di sconfitta delle forze militari e paramilitari ucraine nel Donbass altre realtà locali come Kharkov, Mariupol e la stessa regione di Odessa potrebbero infiammarsi e le truppe dei filorussi potrebbero agire in soccorso dei compagni che in quelle città formeranno il nucleo della nuova rivolta contro Kiev.
Ma questa è un’altra storia, alla quale dedicheremo un altro post.