Turchia è rivolta ad Istanbul e in altre metropoli
Da oltre 48 ore in Turchia, non solo ad Istanbul, ma anche ad Ankara ed in altri centri minori del paese è in atto una vera e propria rivolta di piazza. Il governo turco, i media tradizionali turchi ed europei, riferiscono che il motore della protesta è la decisione del governo di Ankara di distruggere un parco con alberi secolari, nel centro di Istanbul, per fare spazio ad un grande centro commerciale ed a una grande moschea. Una rivolta green quindi, all’insegna dell’ecologia.
In realtà, nella vera realtà, le motivazioni della rivolta sono altre. E’ sufficiente osservare le immagini trasmesse dai circuiti internazionali, i manifestanti non sventolano le bandiere di Greenpeace ma portano la bandiera turca con l’effige del Padre della Patria: Ataturk. Oppure basta ascoltare gli slogan che chiedono libertà, un tempo acquisite, e ora negate dal Governo turco, come la legge che vorrebbe limitare fortemente la vendita e il consumo degli alcolici.
Ataturk, il simbolo della rinascita di inizio secolo della Turchia, una rinascita laica, dove il potere temporale è completamente scisso dalla religione, una Turchia dove la religione di stato era la laicità e la conseguente tolleranza, non disgiunta da un forte spirito nazionalistico che si caratterizzava per le posizioni equilibrate e filo occidentali.
Chi protesta oggi in Turchia protesta per cercare di impedire una svolta islamista sempre più radicale, voluta dal governo del Primo Ministro Erdogan, e non per salare gli alberi di Istanbul. Ed è Erdogan, il vero bersaglio di chi protesta nelle strade di Istanbul e Ankara.
Ed il governo di Ankara ha cercato di reprimere duramente la rivolta, migliaia di agenti in assetto anti sommossa, lanci di lacrimogeni sulla folla, anche con l’ausilio degli elicotteri. Scene che ad un primo sguardo ricordano l’inizio delle rivolte in Egitto oppure in Siria, scene che mostrano giovani con la bandiera turca dipinta sul viso o appuntata sul petto, quasi come fosse uno scudo contro i manganelli della polizia.
Sotto la pressione del popolo della Turchia, e soprattutto dei giovani, il partito al governo sembra incrinarsi. Il presidente Gul, da sempre non certo un amico del premier Erdogan, prende le distanze dall’operato del governo e critica la durezza della repressione poliziesca, aprendo un fronte interno nel partito islamico che guida il governo di Ankara, una incrinatura dove il seme della rivolta può incunearsi e generare una primavera turca, una situazione che potrebbe avere risvolti imprevedibili non solo per la Turchia ma per tutta la regione.