Trump e il contenimento cinese (Parte Seconda): i Mari della Cina
Secondo il nostro gruppo una delle priorità strategiche dell’amministrazione Trump sarà il contenimento proattivo della crescente potenza economica, politica, diplomatica e militare della Repubblica Popolare Cinese.
Le vie ed i modi per contenere l’espansionismo Cinese sono, secondo il nostro punto di vista tre: agire sui fornitori di energia (Russia e Iran), limitare l’accesso all’energia da parte di Pechino (regioni ricche di idrocarburi nel Mar Cinese Meridionale), utilizzare dazi (anche solo legati alla differenza di welfare tra occidente e Cina), per limitare la concorrenza non lineare della Cina nei confronti di Europa e Stati Uniti.
Oggi ci occupiamo del capitolo riguardante i mari che circondano la Cina e dei paesi che si affacciano su tali specchi d’acqua.
La Cina oggi non conosce rivali locali in grado di ostacolare la sua crescita militare, solo gli Stati Uniti hanno oggi, e avranno domani, le capacità di poter impensierire, da un punto di vista bellico, Pechino.
Va però osservato che la Cina vede nei mari che la circondano, e che potenzialmente possono contenerla, la presenza di numerosi paesi, la maggior parte dei quali rappresentano in potenza avversari politici e militari. Primi tra tutti il Giappone e la Cina Nazionalista, meglio nota al mondo come Taiwan. Non a caso, nei primi giorni da presidente eletto, Trump ha incontrato il Premier Cinese, Abe Shinzo, e sentito al telefono (rompendo una convenzione quasi quarantennale) il presidente di Taiwan, la sig.ra Tsai Ing-wen. Con l’appoggio di questi due paesi la Cina verrebbe automaticamente contenuta all’interno del Mar Cinese Orientale. Il contenimento Cinese si attuerebbe affermando la sovranità Giapponese sulle isole Senkaku, e affermando la sovranità Sud Coreana sulla cosiddetta Soccorra Rock, un reef dove Seoul ha costruito una stazione di ricerca. Tali acquisizioni territoriali sono in grado di dare forza alle rivendicazioni Giapponesi e sud coreane che cercano di impedire alla Cina di imporre una zona economica esclusiva talmente vasta da occupare 200 delle 360 miglia di mare che separano Cina e Giappone.
Affermare che la Cina non può reclamare, a sua scelta, alcune aree del Mar Cinese Orientale dimostrerebbe alle nazioni che si affacciano sul Mar Cinese Meridionale (molto meno unite agli Stati Unti di quanto non lo siano Corea del Sud, Giappone e Taiwan) che è possibile, attraverso uno sforzo comune e con l’appoggio militare americano, impedire che la Cina Prenda il possesso della cosiddetta “Nine Dash Line”, che consentirebbe a Pechino di costringere le Filippine, il Vietnam, Malesia, Indonesia e la stessa Cina Nazionalista (Taiwan). Anche nel Mar Cinese Meridionale, Pechino cerca di avere a disposizione un’area economica esclusiva che si possa estendere in molti punti fino a 12 miglia dalle coste dei paesi rivieraschi (non cinesi) della Nine Dash Line, impedendo alle Filippine, al Vietnam, alla Malesia, all’Indonesia e alla Cina Nazionalista di accendere alle riserve ittiche e di idrocarburi del Mar Cinese Meridionale, che sarebbe così nella sua interezza, sotto il controllo cinese.
Se la nostra visione della strategia di Trump nei confronti della Cina, i primi attriti tra Washington e Pechino si osserveranno nel Mar Cinese Orientale, ma saranno solo propedeutici ad una battaglia moto più articolata nel Mar Cinese Meridionale che i cinesi continuano a “fortificare” negli ultimi anni costruendo isole artificiali, basi militari e aeroporti per i caccia dell’Aeronautica Cinese.