Tripoli, le sedi diplomatiche occidentali e non chiudono una dopo l’altra, quasi nel panico, dopo che gli americani sono scappati dalla Libia, evacuando tutto il personale diplomatico e ogni cittadino americano volesse lasciare il paese.
L’Italia, con coraggio e giustamente, tiene aperta la propria sede diplomatica.
Ma in queste condizioni la nostra ambasciata va difesa, e va difesa in modo attivo, non con un piccolo drappello del Col Moschin e del Tuscania e un portone sprangato. La sede diplomatica in Libia deve poter contare, da oggi non tra due mesi, di una mezza compagnia di uno dei nostri reparti migliori all’interno della sede diplomatica, supporto aereo in caso di necessità, droni in volo 24/7 sui cieli di Tripoli e una forza da sbarco, massiccia e che incuta timore a chi minacciasse la nostra ambasciata, pronta ad entrare a Tripoli nel caso in cui le forze estremiste si materializzassero a Tripoli e ne prendessero il controllo. Questo dispositivo militare è funzionale al fine di garantire la sicurezza di chi con coraggio, ma non con velleità suicide, serve il nostro paese a Tripoli.
L’intenzione di tenere aperta la sede diplomatica è giusta e coerente, ma illudersi che chiunque prevarrà nella lotta per il potere riterrà sacra ed inviolabile la nostra sede diplomatica è follia.
Le forze armate, signori del governo, servono a questi scopi, servono a difendere i nostri cittadini, i nostri interessi legittimi, la nostra bandiera ovunque e contro chiunque voglia, con la forza delle armi e con la violenza, gettare con la faccia nella polvere il nostro paese.
La Libia è ad un passo da casa nostra, non possiamo permetterci la creazione di uno stato islamista fondamentalista ad un’ora di volo dal nostro territorio, non possiamo permettere che i nostri diplomatici e i nostri militari a Tripoli siano in pericolo di vita, non possiamo permetterci di abdicare al nostro ruolo nel mediterraneo, dimenticare le centinaia di miliardi investiti in Libia dal nostro paese e delegare ad altri le responsabilità che sono nostre, come fatto per la gestione della caduta di Gheddafi.
Governare non significa solo cambiare le regole della politica, regalare ottanta euro a milioni di italiani, governare, presidente Renzi, significa affermare i nostri valori e i nostri interessi sul piano internazionale. Lei ha scelto di tutelare con le forze armate i diritti degli immigrati, noi rispettiamo la sua scelta, scelga altresì di tutelare con la medesime forze armate gli interessi dell’Italia nel mediterraneo, con la diplomazia o con la forza a seconda di chi si troverà davanti; perché di fronte a chi conosce ed usa solo violenza bisogna rispondere con le armi non con le parole, pena ripetere, ma in scala ben maggiore, il drammatico assassinio dell’ambasciatore americano in Libia, Stevens, ucciso a Bengasi dove si era recato senza scorta forte del potere della diplomazia.
L’alternativa è ritirare tutti i nostri uomini e far finta che in Libia l’Italia non ha nessun interesse, far finta che non abbiamo investito neanche una lira in quel paese, far finta che siamo autonomi dal punto di vista energetico, far finta che non sorgerà nessun stato islamico in stile somalo a due passi da casa nostra, uno stato islamico che sfrutterà l’immigrazione, metterà in pericolo i nostri pescherecci e farà ritornare la pirateria nel mediterraneo. Uno stato islamista che ci minaccerà direttamente per le azioni che prenderemo un domani per contrastarlo.
Far finta che un problema non esiste non risolve il problema stesso, ma solamente lo farà trovare più grave e di più difficile gestione a chi verrà dopo di noi.