Ora è più di una teoria accademica, ora uno Strike americano contro obiettivi militari in Siria è una opzione concreta presentata al presidente americano: l’abbiamo chiamata Opzione Hillary.
Il nome che abbiamo dato a questa opzione militare deriva dal fatto che la candidata democratica alla Casa Bianca ha più volte rivendicato la proposta di una azione militare diretta in Siria, da parte degli Stati Uniti. Hillary Clinton ha affermato, anche nell’ultimo dibattito presidenziale con Donald Trump, che lei è a favore di uno Strike aereo in Siria e che, anche ai tempi del suo incarico come Segretario di Stato, lei stessa aveva proposto una “Safe Zone” terrestre e una “No Fly Zone” nel Nord della Siria.
Oggi alla Casa Bianca, secondo fonti dell’agenzia Reuters, si svolgerà una riunione ad altissimo livello per decidere una possibile linea di intervento in Siria.
Riteniamo che alla base dell’Opzione Hillary esista un obiettivo strategico al quale gli Stati Uniti non possono rinunciare: la città di Aleppo.
Con Aleppo nelle mani dei governativi di Al Assad, decine di migliaia di soldati dell’esercito regolare, miliziani dell’Hezbollah libanese, delle Guardie della Rivoluzione Iraniane, delle milizie sciite dell’Irak e delle milizie locali, potrebbero essere liberate dal loro impegno di combattimento nella seconda città della Siria, e essere disponibili per schiacciare la ribellione in tutta la parte occidentale del paese.
L’Opzione Hillary inoltre è indipendente dal risultato delle elezioni americane, in quanto potrebbe essere messa in atto direttamente dall’attuale amministrazione americana, in un periodo di tempo compreso tra il 9 novembre 2016 (giorno successivo alle elezioni presidenziali Usa) e il 20 gennaio 2017 (giorno dell’insediamento del nuovo presidente americano). L’arco temporale da noi proposto in questo scenario fa riferimento ad una ipotesi primaria: Aleppo est, in assenza di uno Strike Usa, cadrà prima dell’insediamento del nuovo presidente.
L’Opzione Hillary dovrebbe prevedere, come da noi ipotizzato in questo precedente post, l’utilizzo di decine, forse centinaia, di missili da crociera per distruggere aerei, aeroporti e centri di comando e controllo dell’aviazione siriana, e forse potrebbe comprendere un attacco contro le strutture governative di Damasco. Inoltre le forze armate americane potrebbero disporre nel mediterraneo, a partire dai primi giorni di novembre, di una portaerei nucleare classe Nimitz, la USS Washington, cruciale sia per supportare lo strike, sia per difendere la flotta che opera nel Mediterraneo.
L’opzione Hillary però ha un problema di fondo non risolvibile: attaccare gli aeroporti siriani, i centri di comando e controllo, e ancora di più i palazzi del potere di Damasco, per non parlare delle basi utilizzate da Russi e Siriani contemporaneamente, fa sì che il rischio di coinvolgere uomini e sistemi d’arma di Mosca non sua una possibilità,ma una certezza.
L’ipotesi Hillary, in sintesi, richiede di muovere guerra non solo alla Siria ma anche alla Russia, sebbene su di un terreno terzo. Il tempo degli ultimatum e delle linee rosse era due anni fa, ora colpire in Siria porterà alla Guerra, non lo diciamo solo noi, ma lo afferma anche il Generale Dunford capo di stato maggiore delle Forze Armate Americane, del quel vi offriamo l’audizione al Congresso Americano. (al minuto 3:25 in particolare)
Dai primi giorni di novembre, dovrebbe operare in Mediterraneo la portaerei russa Adm. Kuznestov, con il suo gruppo di supporto forte di 8 unità navali; in Siria saranno operativi numerosi sistemi A2/AD (Anti-Access/Area Denial) russi, dispositivo rafforzato dal possibile arrivo in queste settimane di numerosi sistemi antiaerei a medio e corto raggio, ad integrazione dei sistemi a lungo raggio già operativi oggi.
Il Mediterraneo Orientale sarà un luogo estremamente affollato, e le unità presenti potrebbero avere regole di ingaggio molto più flessibili e lasche rispetto a quanto osservato nella “Guerra Fredda”, ancora una volta dimostriamo, purtroppo, che oggi non viviamo una seconda guerra fredda ma un conflitto attivo seppur ancora combattuto non direttamente tra Russi e Americani da noi chiamato già due anni fa “Guerra Fantasma”
“This is a conflict, there should be no doubt,” said Matthew Rojansky, director of the Kennan Institute at the Wilson Center, on the US-Russia confrontation.