Il sottile legame tra i dazi di Trump contro l’Europa e l’accordo nucleare con l’Iran
I dazi degli Stati Uniti contro l’Europa ed il programma nucleare iraniano, due aspetti della politica internazionale odierna che sembrano appartenere a due partite indipendenti portate avanti dal presidente americano Trump, tuttavia nella nostra visione queste due vicende sono intimamente legate tra loro.
L’accordo sul programma atomico iraniano ha aperto all’asfittica economia europea un nuovo mercato in potenziale rapida espansione come quello iraniano, e questa è una delle motivazioni che a nostro avviso ha spinto l’Unione Europea ad accettare quello che noi abbiamo sempre definito un pessimo accordo per la stabilità della regione, ma indubbiamente un ottimo accordo per le aziende e gli stati europei (o perlomeno per il loro portafoglio)
La sanzioni all’Europa sono un mezzo del Presidente Trump per rispondere ad un atto ostile dell’Unione Europea, un atto che molti leggono nel concreto essere correlato alla produzione di beni che ora beneficiano di un cambio favorevole. Nella nostra visione l’atto ostile dell’Europa nei confronti dell’America di Trump è invece il rifiuto di interrompere i rapporti economici con la Repubblica Islamica dell’Iran.
Il presidente Trump ritiene la minaccia iraniana una delle principali alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dei suoi alleati mediorientali. Trump però ha piena coscienza che senza la collaborazione dell’Europa non sarà possibile agire contro l’Iran in maniera non militare se l’Europa non si unirà alla nuova stagione di sanzioni che gli Stati Uniti desiderano mettere in atto contro gli Ayatollah. Sicuramente l’Iran potrà contare sul supporto di Russia e Cina, tuttavia evitando la presenza e la nascita di joint venture tra lo stato iraniano e le principali multinazionali europee, l’influenza di Teheran sulla politica del vecchio continente sarà decisamente ridimensionata.
In assenza di un supporto europeo, agli Stati Uniti non resterà che puntare tutto sulla pressione militare, fatto che però da solo non sarà in grado di portare al tavolo della trattativa il Presidente Rohani, il quale conta sull’Europa per offrire alla nascente economia iraniana, e alla rediviva industria estrattiva, un mercato assetato di energia ed in grado di fornire in cambio alta tecnologia.
Non è un caso che gli Stati Uniti abbiano deciso (o per meglio dire reso pubblico) di procrastinare ai primi di giugno l’entrata in vigore dei dazi contro le merci europee. Tra pochi giorni il, 12 maggio, il presidente Trump, prima di partire per Gerusalemme, con tutta probabilità dichiarerà nullo l’accordo tra Stati Uniti ed Iran riguardante il programma atomico di Teheran, da quel giorno Londra, Parigi e Berlino avranno quindici giorni di tempo per decidere se seguire l’alleato americano oppure legarsi all’Iran. Gran Bretagna, Francia e Germania avranno la possibilità di scegliere se subire le sanzioni americane oppure continuare a esportare verso la superpotenza americana. Le tre nazioni che guidano le decisioni europee dovranno scegliere se non investire soldi in Iran oppure rischiare di vedere i loro investimenti distrutti da un bombardamento o requisiti dal governo rivoluzionario che potrebbe nascere al posto del regime degli Ayatollah nel caso in cui il regime teocratico si mostrasse nei prossimi mesi debole e vulnerabile.
La scelta spetta all’Europa, purtroppo non certo al nostro paese, orfano di un governo e di una strategia in politica estera e focalizzato unicamente a gestire, senza fermare, la migrazione africana verso l’Europa.