Seconda puntata dei nostri scenari riguardanti la possibile evoluzione della crisi in Libia. Oggi prendiamo in considerazione la possibilità di una somalizzazione della Libia. Vi ricordiamo che si rata di uno SCENARIO e non di fatti che stanno già accadendo
Libia Giugno 2015, dopo che per alcuni mesi i colloqui di pace di Ginevra hanno fornito l’illusione che in Libia si potesse risolvere la disputa tra “islamisti” e “laici” in maniera politica, una autocisterna con a bordo un mix di carburante ed esplosivo ad alto potenziale, esplode a Tobruk nel giorno in cui viene eletto il nuovo premier della Libia orientale. L’elezione si era resa necessaria dopo che il predecessore, e fautore degli accordi di Ginevra, era stato accusato di aver concesso alle fazioni di Tripoli troppe concessioni in materia di difesa nazionale e gestione delle risorse minerarie del paese. Davanti al parlamento di Tobruk è una strage, l’edificio è in parte crollata e le vittime si contano a centinaia. L’intero organigramma politico della Libia Orientale è decapitata, lo stesso inviato del governo egiziano che avrebbe presenziato alla cerimonia è tra le vittime.
Simultaneamente a Tripoli bande armate, che non si richiamano ufficialmente a nessuna parte politica, assaltano la sede dell’ambasciata italiana e della nostra compagnia petrolifera. I militari all’interno del complesso tentano di resistere ma in assenza di supporto da Roma sono sopraffatti e la nostra ambasciata cade nelle mani straniere. Si assistono a scene di vendetta e di inaudita violenza, che proseguono quando parte della polizia interviene in soccorso degli italiani, ma viene eliminata dal commando islamista.
La Libia piomba nel caso. Ad oriente la coalizione di Tobruk si disintegra, cercando rifugio nella vecchia organizzazione tribale, ritenendo di non potersi fidare di nessuno che non appartenga alla ristretta cerchia della tribù; nascono così piccoli signori della guerra che tentano di avere egemonia sulle altre fazioni dell’est. Il flusso di petrolio verso il mediterraneo si interrompe essendo impossibile garantire la sicurezza dei tecnici che devono operare pozzi ed oleodotti.
Ad oves la situazione si fa più chiara. Erano le fazioni che si richiamano allo Stato Islamico che hanno attaccato simboli stranieri sul suolo libico, con l’appoggio segreto del governo di Tripoli e la connivenza di una parte considerevole della popolazione. In cambio dell’ “autorizzazione” a questo colpo spettacolare e sanguinario a Tripoli il governo locale aveva richiesto al Califfato di attentare alla conferenza legislativa di Tobruk dove sarebbe stato eletto un primo ministro molto meno incline a concessioni a Misurata e Tripoli.
Quello che però non sapevano al governo di Tripoli era che dopo aver terminato la mattanza degli occidentali e eliminato quella pare residuale di polizia e forze di sicurezza non corruttibili, gli uomini che Califfo avrebbero puntato sul governo di Tripoli e non si sarebbero ritirati nuovamente al di fuori della città. L’azione dello Stato Islamico quindi prosegue e semina il panico negli uomini forti di Tripoli. In parte la dirigenza di Tripoli viene uccisa anche se nelle ore successive le forze militari dell’alleanza di Misurata hanno la meglio sul commando dello Stato Islamico.
Ma ormai la storia della Libia è cambiata per sempre. La sfiducia e la paura sono i due sentimenti più forti in tutto il paese. Le coalizioni si infrangono ovunque e il modello tribale riemerge prepotentemente anche nella zona ovest del paese.
Da questo momento in avanti sarà una lotta fratricida, che eliminerà quel poco di benessere ancora presente in Libia. Le risorse minerarie e idriche cessano di essere fruttate adeguatamente, il contrabbando, il saccheggio dei nemici sconfitti la pirateria e la tratta dei clandestini che vogliono raggiungere l’Italia sono ormai l’unica fonte di reddito nel paese.
Ma non c’è solo questo. Ora lo Stato Islamico è la forza più organizzata e con i maggiori finanziamenti nello scacchiere libico e, adottando lo stesso schema messo in atto in Siria ed Irak, inizia ad organizzare la società, dei territori sotto il suo controllo, in maniera metodica e rigorosa, nonché ad avviare commerci illegali con l’altra parte del Califfato che cerca in ogni modo uno sbocco al mare per migliorare la sua rete di scambio.
Per l’Italia questo scenario rappresenta un problema reale. I nostri pescherecci non possono allontanarsi troppo dalle acque territoriali italiane, in caso contrario potrebbero essere sequestrati dai pirati libici. Un flusso incontrollato di clandestini traversa il mediterraneo e con loro, come già accaduto a luglio 2014, cellule terroristiche si mischiano ai profughi. Il flusso di gas e petrolio libico non raggiunge più l’Italia, rendendo l’Algeria il quasi monopolista delle forniture di gas dal nord africa, fatto che spinge il governo di Algeri a ritoccare al rialzo i prezzi per tali forniture.
Una guerra civile di questo tipo potrebbe durare in Libia per decenni. Tutta la regione nord africana dall’Egitto al Marocco ne subirebbe le conseguenze, così come il paese che si trova appena a nord dello braccio di mare che divide l’Africa dall’Europa. Questo paese è il nostro ma questo lo sapete già….