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Soldati italiani a Gaza con le Nazioni Unite? No, grazie!

Gaza Rafah

Raramente commentiamo le scelte politiche del nostro esecutivo, e di fatto anche in questo caso non lo facciamo, ma ci permettiamo di commentare le dichiarazioni del ministro degli esteri italiano Antonio Tajani. Nelle sue dichiarazioni odierne di venerdì 19 gennaio 2024 il ministro degli esteri, nonché leader di Forza Italia (diciamo segretario, è meglio), ha affermato che Roma è pronta ad inviare militari italiani per partecipare ad una forza di pace da schierare all’interno della Striscia di Gaza. La proposta pare perlomeno incauta, diremmo un grossolano errore di valutazione come errore fu ed è la missione italiana nel sud Libano, denominata UNIFIL. Perché parliamo di un UNIFIL? La risposta è semplice quanto avvilente: non per demerito dei comandanti militari o dei nostri uomini, ma per le scelte effettuate a livello politico sia in Italia che nella comunità occidentale, UNIFIL ha fallito la propria missione. I nostri militari insieme agli altri caschi blu avevano un compito apparentemente semplice: impedire che la fascia di territorio presente a sud del fiume Litani (in Libano) fosse militarizzata dalle milizie sciite libanesi dell’Hezbollah. Un compito in realtà non facile ma al quale la politica da subito ha abdicato. Il risultato di queste scelte politiche è sotto gli occhi di tutti, il partito guidato dallo sceicco Hassan Nasrallah impera al confine tra Libano ed Israele, ha posizionato negli anni decine se non centinaia di migliaia di razzi e di missili, prosegue quotidianamente gli attacchi con razzi, mortai e missili anticarro contro il territorio israeliano senza che la forza di interposizione delle Nazioni Unite muova un solo dito. Qual è quindi l’utilità di migliaia di soldati occidentali nel sud del Libano? Probabilmente la medesima utilità che avrebbe dispiegare soldati italiani nella Striscia di Gaza. Chi sostiene l’idea di questo nostro impegno militare ha messo in conto la possibilità che si debbano usare le armi per impedire ai terroristi di Hamas di riprendere il potere a Gaza City? Oppure ancora una volta i nostri decisori politici pensano che per lavarsi la coscienza sia sufficiente mandare una brigata del nostro esercito ad osservare inerme il riarmo di un gruppo terroristico? Non serve, non è utile, non è funzionale all’interesse nazionale inviare nostri uomini in quel vespaio, così come non è funzionale lasciare le nostre truppe in Libano, a meno che da oggi stesso non si cambi passo e non si lavori per disarmare tutte le milizie non governative presenti al sud del fiume Litani.

Immaginate cosa vorrà significare avere due-tremila uomini delle forze armate italiane presenti nella striscia, ma inermi sotto il punto di vista delle regole d’ingaggio. Così come accade oggi in Libano, domani a Gaza le forze terroristiche cercheranno di prendere il potere oppure di attaccare nuovamente Israele. I nostri soldati si troverebbero ad operare nuovamente in un ambito urbano, non nei boschi del sud del Libano, uno scenario terribilmente simile ma per assurdo ancora più complesso delle vie di quella Mogadiscio che reclamò un tributo di sangue troppo grande in rapporto ai risultati assenti di quella sciagurata missione. La storia dell’impegno militare delle Nazioni Unite è costellata da questo tipo di episodi, proporre per l’ennesima volta di rischiare la vita dei nostri uomini in assenza di una visione politica non può che essere definito un atteggiamento suicida. 
Si vuole garantire assistenza umanitaria ai civili di Gaza? Vogliamo inviare Ospedale militari nel Sinai egiziano? Abbiamo il desiderio di impiegare le nostre navi Ospedale per dare sollievo a feriti provenienti dalla striscia? Ebbene lo si faccia, guai ad immaginare l’invio dei nostri uomini in un luogo dove chi detiene anche oggi il potere riconoscere come unica regola quella della violenza, e che vede nella morte l’unica via di riscatto in questo e nell’altro mondo. 

Hamas deve essere spazzato via, quando ciò accadrà, non sarà utile mandare militari ma ingegneri, tecnici, medici, insegnanti per rigenerare il tessuto sociale della popolazione palestinese e far sì che queste persone, fin dalla più tenera età, non vadano in cerca di una morte gloriosa, ma di una vita prospera e felice.

 

Gaza: Tajani: pronti ad inviare i nostri uomini in missione ONU.