Le sfide dell’intelligence: intervista al presidente del COPASIR on. Stucchi
Oggi vi proponiamo un’intervista al Presidente del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, organo di controllo del parlamento sull’attività dei Servizi di Intelligence italiani, on. Giacomo Stucchi. Le sue risposte, ad alcune nostre domande sulle attuali questioni legate al terrorismo e alla difesa della Repubblica, ci offrono una visione chiara del pensiero di un importante esponente delle nostre istituzioni.
GPC:Alla luce dell’attuale “ermeticità” degli ambienti islamisti quanto sarebbe importante ricorrere ancora a sistemi più classici dell’intelligence (HUMINT) alla luce del fatto che intercettazioni e controllo del web sembrano strumenti indispensabili ma non sufficienti ad eradicare il fenomeno terroristico?
Pres. COPASIR:Nell’attuale complesso scenario, determinato anche da una rapida evoluzione delle interconnessioni di gruppi e individui che a diverso titolo operano in questa galassia del terrore che è il terrorismo di matrice islamica, un’attività di intelligence svolta attraverso la raccolta di informazioni con contatti interpersonali è fondamentale. Bisogna però tenere in considerazione che l’elemento preponderante del fenomeno terroristico di matrice islamica dell’ultimo periodo è l’indeterminatezza, sia delle persone che prendono parte all’azione sia delle modalità di esecuzione dell’atto terroristico. Tuttavia nulla deve rimanere intentato per fermare la “razionale follia” che determina l’azione dei terroristi.
GPC:Foreing Fighetrs: da tempo il nostro gruppo propone la revoca della cittadinanza agli italiani che si recano a combattere in Siria. È possibile pensare ad una proposta di legge in tal senso?
Pres. COPASIR:Si, non bisogna aver timore di ragionare anche in questa direzione.
GPC: Contrasto alla radicalizzazione: risulta oggi molto complicato sanzionare le persone che vengono a radicalizzare prima di una loro azione, tuttavia potrebbe essere utile denunciare e fermare chi è parte attiva nel processo di radicalizzazione. Servirebbero nuovo reati come ad esempio “apologia di terrorismo”. Il parlamento sta lavorando in questa direzione?
Pres. COPASIR:La legislazione vigente ha permesso che importanti operazioni antiterrorismo andassero in porto grazie all’ottimo lavoro delle procure, delle forze dell’ordine e dell’intelligence. Una sinergia che, sino a oggi, ha dato i suoi frutti sul fronte della prevenzione. Tutto bene quindi? Certamente no. Per questo anche la vostra idea potrebbe trovare spazio.
GPC:Forze speciali: emerge da parte del governo sempre pi ù forte il desiderio di nominare membri dei servizi un numero sempre maggiore di operatori delle forze speciali da impiegare all’estero in operazioni militari “coperte”. Dove termina il ruolo di operatori dei servizi e dove inizia il ruolo di militari in missione operativa? Il COPASIR può verificare, mantenendo il dovuto segreto, il corretto impiego dei nostri militari/agenti all’estero?
Pres. COPASIR:Più che un desiderio ritengo sia una necessità. In ogni caso il Copasir è già intervenuto quando si è trattato di manifestare al governo la necessità di modifiche normative alla legge quadro sui servizi, anche alla luce delle esperienze positive degli apparati di altri paesi, o di operare nelle pieghe delle leggi in vigore. Di certo i limiti dei ruoli ai quali lei fa riferimento sono sempre più sottili, ma si tratta di una diretta conseguenza dell’evoluzione degli scenari internazionali.
GPC:In occasione degli attentati di Parigi i leader europei hanno espresso più volte, anche alla luce degli attacchi terroristici che si sono susseguiti, la necessità di una maggiore coordinazione dei vari centri di intelligence presenti nel vecchio continente. A che punto è questo processo di coordinazione?
Pres. COPASIR:Non c’è dubbio che un maggiore coordinamento è in atto. Tuttavia più che un processo di coordinazione lo definirei una presa d’atto da parte dei governi dell’improrogabile necessità di un maggior scambio di informazioni nel nome di una maggiore sicurezza per tutti. Ma si tratta di superare ataviche diffidenze e resistenze da parte di certi apparati da sempre abituati a custodire gelosamente le proprie informazioni. Il mondo, tuttavia, è cambiato rapidamente sotto molti aspetti, speriamo quindi che qualcosa accada anche su questo fronte.
GPC:Spesso e volentieri fenomeni di radicalizzazione avvengono in piccoli centri abitati. Quali possono essere gli “anticorpi” che Governo, Regioni e, soprattutto, Comuni possono istituire per prevenire tali fenomeni?
Pres. COPASIR:Ho già sottolineato quanto sia vitale a monte il ruolo dell’intelligence e a valle il coordinamento tra forze dell’ordine e procure, sul quale bisogna andare avanti, per un efficace contrasto a tutte le forme di terrorismo; ma non c’è dubbio che, sul fronte della prevenzione, molto può essere fatto anche dagli enti che amministrano un territorio. Non ne farei però una questione connessa alla dimensione del luogo, cioè di un piccolo paese o di una grande città, piuttosto mi rifarei alla qualità dell’integrazione. La radicalizzazione può avvenire ovunque. Ma se, per esempio, in una determinata realtà un imam predica istigando alla violenza, chi ne fosse a conoscenza non può far finta di niente ma deve segnalare la cosa alla forze dell’ordine. Sindaci e amministratori, dal canto loro, devono fare la loro parte nel divulgare questa cultura della sicurezza. Per fortuna da noi al momento non ci sono né i numeri né le entit à dei problemi connessi all’integrazione che esistono in altre realtà, come la Francia o la Germania; tuttavia questo non autorizza nessuno, né a livello centrale né a quello periferico, a fare come lo struzzo nascondendo la testa sotto la sabbia facendo finta di non vedere situazioni di disagio che comunque esistono.
GPC:All’indomani del fallito golpe in Turchia, in Austria e in Germania sono state organizzate manifestazioni a supporto del presidente Erdogan. In Austria, nella cittadina di Wiener Neustadt, il sindaco ha vietato l’esposizione da balconi e finestre la bandiera della Turchia, il governo tedesco ha impedito un discorso di Erdogan. Tenendo presente che, ancora oggi, stiamo assistendo a migliaia di dimissioni e arresti in Turchia, è possibile che possano innescarsi tensioni sociali all’interno dei paesi europei con le comunità turche?
Pres. COPASIR: E’ difficile rispondere a questa domanda. Anche perchè prima bisognerebbe capire come sono andate veramente le cose nella fatidica notte del golpe. In tal senso credo che occorrerà ancora parecchio tempo prima che una qualche verità possa venire fuori. Nel frattempo, però, l’Europa e le comunità turche che da noi vivono non possono che stare dalla parte della democrazia e dei suoi valori di riferimento e quindi condannare apertamente tutte le scelte di Erdogan che vanno nella direzione opposta.
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Da quanto mi risulta, il reato di apologia di terrorismo é già contemplato nell’articolo 414 del nostro codice penale.
La frase ” le comunità turche che da noi vivono non possono che stare dalla parte della democrazia e dei suoi valori di riferimento” é molto ottimistica ed in netto contrasto con i risultati di una recente indagine demoscopica condotta in Germania sull’integrazione e la percezione della jihad da parte di cittadini tedeschi di origine turca.