SCENARIO – L’intervento militare in Libia: l’Invasione di terra – SCENARIO
Ecco il terzo scenario sul possibile intervento militare occidentale in Libia. In questo post cercheremo di quantificare l’entità delle forze necessarie a tale intervento, gli obiettivi primari e i rischi connessi ad una tale scelta politica.
Come preambolo vogliamo sottolineare il fatto che questo scenario può concretizzarsi solo con una netta scelta di campo a favore del governo libico di Tonruk, fatto oggi per nulla scontato.
Innanzitutto vanno individuate due Macroaree di intervento. La prima riguarda la costa da Bengasi fino a Tripoli, la seconda è la regione desertica meridionale del Paese, area strategica sia per i traffici illeciti che ivi si svolgono, sia perché è in quell’area che si trovano le riserve di greggio della Libia.
Sulla costa libica si potrebbe gestire una eventuale operazione di terra mediante una invasione classica con direttice est ovest, utilizzando Tobruk come proncipale porto di sbarco.
Questa opzione però potrebbe permettere alle tribù locali di coalizzarsi e saldarsi in alleanze estemporanee atte a contrastare gli stranieri. Per evitare questa evenienza sarebbe necessario associare all’avanzata da Tobruk verso est una serie di sbarchi anfibi lungo la costa, sbarchi che dovrebbero assicurare il controllo dei principali porti libici, lungo tutta la costa, i quali fungerebbero quindi da caposaldi e punti intermedi dell’avanzata terreste.
Contestualmente all’operazione di terra sulla costa (che andrebbe eseguita da reparti italiani ed egiziani) nel sud della Libia dovrebbero entrare in azioni le forze armate francesi, le quali hanno un’ottima conoscenza della regione e forze adeguate già in effetti presenti a poca distanza dal confine con la Libia meridionale.
Tale azione necessiterebbe di tutto il potenziale bellico terrestre oggi a disposizione del nostro Paese è quindi richiederebbe il ritiro di gran parte degli unomini delle nostre forze armate in missione per conto di Onu e Nato in varie parti del mondo, prima tra tutte la missione Unifil in Libano. Supportati dagli uomini delle forze armate egiziane, che dovrebbero essere utilizzate capillarmente per il controllo del territorio libico, anche grazie alla comunanza linguistica e religiosa. Gli italiani e francesi dovrebbero farsi carico delle operazioni militari più delicate. Dopo aver assicurato una forte presenza della coalizione nella fascia costiera e nelle aree dei pozzi petroliferi gli occidentali dovrebbero occuparsi della cura alla popolazione e a garantire quel welfare, ora non più disponibile per i libici. È l’assistenza alla popolazione libica e l’associazione di cure mediche ed istruzione che rappresenta l’Exit Strategy che le truppe occupanti dovrebbero attuare. L’intervento militare deve essere funzionale al miglioramento della qualità di vita dei libici in modo tale che essi in primo luogo non abbiano interesse a combattere in maniera diffusa le nostre truppe e che secondariamente nessuna forza straniera ostile o estremista possa, terminata la nostra missione, far leva sui bisogni della popolazione per incunearsi nel giovane stato appena organizzato e scardinarlo in breve tempo.
Il totale delle forze di terra da impiegare non potrà essere inferiore,nella prima fase, a 60/70000 uomini. Non sono numeri impossibili per Italia, Francia ed Egitto, anche se richiederebbero uno sforzo economico ed un sacrificio umano molto alto in termini di perdite le quali non mancheranno nella prima fase della misione e che saranno il principale indicatore del nostro successo a 18 mesi dall’invasione della Libia.
Abbiamo piena coscienza che questo scenario di intervento sia utopistico, non tanto per le necessarie capacità tecniche e militari, ma per l’ormai Taboo rappresentato dall’idea di utilizzare lo strumento militare per difendere gli interessi nazionali nei confronti di gruppi che riconoscono solamente la violenza come valore nelle trattative diplomatiche e nell’organizzazione della vita quotidiana.
Illudersi che tali gruppi sociali, della Libia o dell’Egitto o della Siria, possano trovare un accordo sedendosi intorno ad un tavolo e discutendo come Lord britannici (se non minacciati da un imminente intervento armato), è non solo un pensiero ingenuo, ma dimostra la completa ed assoluta non conoscenza delle dinamiche sociali e della gestione del potere nell’area libica e siriana.
Sebbene estremamente costoso e rischioso l’intervento militare di terra rappresenta l’unica via per interrompere la disgregazione della Libia e per tentare di impostare la rinascita di un paese che può essere l’unico argine, insieme all’Egitto,alla diffusione dell’ideologia islamista combattente che pervade gran parte del mondo mussulmano sia sciita che sunnita.
La soluzione politico-strategica necessaria ad un intervento militare italiano in Libia
Comment(2)
Comments are closed.
Mi son sempre chiesto quale governo avrebbe avuto il coraggio di far valere i nostri interessi con l’uso delle forze armate. Di certo non questo , fin troppo vicino a sua Santità. Vorrei ricordare che i nostri soldati non sono guerrafondai senza cervello , ma sicuramente se chiamati a giusta causa saranno in grado sia di aiutare la popolazione civile ( cosa che ci viene spontanea ) sia di fermare gli estremisti.
“Illudersi che tali gruppi sociali, della Libia o dell’Egitto o della Siria, possano trovare un accordo sedendosi intorno ad un tavolo e discutendo come Lord britannici, è non solo un pensiero ingenuo, ma dimostra la completa ed assoluta non conoscenza delle dinamiche sociali e della gestione del potere nell’area libica e siriana”
Parole sante. Oggi ci hanno insegnato che il nostro sistema occidentale è valido per tutti indiscriminatamente. Mai cosa più errata.
Comunque il problema è che oggi il popolo è abituato alle guerre in cui i morti sono pochi. Solo gli americani sono più abituati a contare i caduti, ma per tutti gli altri Paesi sarebbe intollerabile pensare a 1000 soldati morti sul campo.
Dubito fortemente che ci sia la volontà di risolvere la questione libica. Non solo per quanto detto sopra ma proprio perchè a qualcuno di troppo importante il caos fa comodo.