Il titolo di questo post di analisi è forte, lo sappiamo, ma siamo giunti alla convinzione che a questo punto del confronto tra Stati Uniti e Unione Europea da una parte, e Russia dall’altra, l’obiettivo del presidente russo Putin sia cambiato e non sia più solamente quello di non perdere la strategica base navale di Sebastopoli, ma anche quello di inglobare nella Federazione Russa le province orientali dell’Ucraina.
Questa nostra convinzione deriva da molteplici fattori geopolitici ed economici, nonché dall’analisi delle risorse (minerarie, agricole, ma ancor più umane) delle province orientali dell’Ucraina.
Svariati commenti, in particolar modo di politici occidentali, sembrano voler sottintendere che Putin si sia mosso improvvisando in Crimea, senza avere un piano preciso in mente. Noi non siamo concordi. La Russia ha dimostrato di avere un piano specifico per l’occupazione militare della Crimea, un piano affinato e calibrato che dopo una occupazione progressiva e per quanto possibile non cruenta, si sviluppava in diverse variabili. Alcune di queste variabili operative sono state messe in atto per contrastare la resistenza di parte delle forze armate ucraine, la più evidente è stata l’affondamento di una vecchia unità navale russa all’imbocco del canale della sezione Ucraina del porto militare di Sebastopoli. È apparso evidente che quella vecchissima unità fosse tenuta a galla con questo solo determinato scopo, non é stata improvvisazione, tutt’altro.
Ora la Crimea è Russia, come avevamo scritto ieri nel nostro post sullo stato delle forze armate ucraine e come ha affermato anche il presidente ucraino Turchinov, Kiev non possiede le capacità belliche per riprendere con la forza la Crimea.
Al fianco dell’Ucraina però si sono schierati in modo deciso gli Stati Uniti e una parte considerevole dell’Unione Europea oltre alla NATO.
Le nazioni occidentali ora valutano sanzioni economiche contro la Russia, dopo aver aumentato blandamente la presenza militare NATO sui confini orientali dell’alleanza.
Le sanzioni europee e americane, possono però aver cambiato le scelte strategiche di Mosca. La Russia si poggia oggi sulle esportazioni di energia per garantire la propria crescita economica. Se l’Europa cercasse altre fonti energetiche e imponesse dazi sui commerci con Mosca il potere di dissuasione dell’occidente su Putin diverrebbe sempre più debole. In caso di una estromissione dal commercio verso occidente la Russia dovrà basarsi sugli scambi commerciali con l’est (non solo Cina ma anche Giappone e Coree) e potenziare il mercato interno.
Ad est serve energia, ma serve anche ferro ed acciaio, alla Russia e al suo mercato interno serve popolazione.
L’est dell’Ucraina risponde a ambedue queste richieste. Ad est di Kiev, ad est del Dniepr abbonda il carbone, è presente il ferro e le industri siderurgiche, e soprattuto le provincie orientali dell’Ucraina sono le zone più popolose, non solo dell’Ucraina, ma di tutta la Federazione Russa.
L’occidente, dopo aver abbattuto l’influenza russa nell’Europa centrale negli anni 90, dopo aver eroso il potenziale geopolitico di Mosca in Medio Oriente e nel Mediterraneo con le primavere arabe e la guerra di Siria, ha supportato un’altra rivoluzione che avrebbe portato all’esclusione di Mosca dal Mar Nero e forse ad una diaspora di popolazione di madrelingua russa dall’est Ucraina verso le terre dell’attuale Federazione.
Ma Putin questa volta ha agito militarmente, senza parlare, senza minacciare, senza interpellare gli organismi sovranazionali come il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che aveva ingannato la Russia con la No Fly Zone sulla Libia, approvata da Putin, e che si era poi trasformata in una missione di bombardamento strategico del regime di Gheddafi e di supporto aereo ravvicinato alle milizie dei ribelli che avanzavano verso Tripoli.
Ora Putin, ostracizzato sulle sanzioni, con la necessità di espandere la propria industria pesante, con un problema demografico reale che mina la crescita della Russia, potrebbe puntare a prendere il possesso di quelle aree di Donetsk, Kharkov, Novomoskovsk, Maripol, Melitopol così ricche di minerali di industrie e di popolazione.
Putin, ora come due settimane fa alla vigilia dell’azione in Crimea, tace, non rilascia dichiarazioni o comunicati alla stampa. Putin, ora come allora, non farà minacce, non si rivolgerà all’ONU, ma forse già prepara l’invasione dei territori ad est del Dniepr.
L’evoluzione delle sanzioni occidentali e il comportamento del vertice attuale di Kiev determineranno i tempi di questa nuova mossa militare della Russia, se essa mai accadrà.