Circa un mese fa, il 25 gennaio, vi parlavamo delle scelte di politica estera, in particolare delle politiche di accoglienza, dell’Austria e delle possibili ricadute in Italia.
É utile riassumere qualche dato. Nel 2015 l’Austria ha accolto 90000 migranti sul proprio territorio, diventando il secondo paese, dopo la Svezia, ad averne accolto il maggior numero in relazione al numero degli abitanti. Il governo e i partiti che lo formano, spinti da una situazione insostenibile (senza un’intervento vero e serio dell’Unione Europea) e dalle continue pressioni provenienti dai partiti di opposizione (in primis la FPOE di Strache), ha portato all’istituzione di un tetto massimo (o quota massima) di ingressi annuali (37500) e, solo di recente, giornaliero (pari a 80). Questa decisione, insieme ai non certo penetrabili confini ungheresi, ha portato ad un effetto domino devastante.
L’odierno flusso, derivante, per la maggior parte dalla Turchia, ha incontrato una barriera: la Macedonia. Quest’ultimo ha ricevuto più volte la richiesta, sempre da parte dell’Austria, di frenare il flusso dei migranti. Tutto ciò sopportato dall’invio di forze militari. Certo, non si può dare solo all’Austria la colpa per la situazione drammatica che si sta vivendo proprio in questi giorni sul confine tra Grecia e Turchia. In tutto questo l’Europa è totalmente assente. Nè è prova l’incontro avvenuto a Vienna tra i rappresentanti di Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Kosovo, Montenegro, Albania, Bulgaria e Macedonia. Come scritto in un nostro post, i grandi esclusi da questo incontro sono stati l’Ue e la Grecia. Questo incontro è stata la prova che, al giorno d’oggi, prevalgono scelte e indirizzi nazionali. Quelle europee praticamente non pervenute. La risposta della Grecia non si è fatta attendere. Ha minacciato di bloccare le decisioni dei summit Ue se la suddivisione degli oneri sostenuti per l’accoglienza dei migranti non sia resa obbligatoria per ogni stato e, in risposta alle scelte del governo austriaco, ha richiamato il proprio ambasciatore.
In tutto questo la risposta ed un intervento sovranazionale, ovvero da parte dell’Europa, non è ancora arrivata e la situazione tra Grecia e Macedonia, come già anticipato, rischia di peggiorare rapidamente. In che modo? Con in confini bloccati a nord della Grecia, si aprirebbe un piccolo varco a nord-ovest, ovvero verso l’Albania. Non certo per continuare, dopo un piccolo cambio di “sentiero”, la solita rotta balcanica, ma per crearne una “nuova”: la rotta adriatica, ovvero Albania-Puglia. Questa, se all’inizio dell’anno era solo una suppur lontana possibilità, oggi, giorno dopo giorno, sta diventando sempre più una certezza futura. E in tutto questo stiamo subendo il silenzio di Roma e del nostro governo, oltre a quello solito di Bruxelles. Il nostro governo sarebbe pronto a dover affrontare un tale evento? Sarebbe pronto a dover pattugliare intensamente le coste adriatiche? Sarebbe pronto a dover affrontare una situazione umanitaria drammatica che si verrebbe a creare? Purtroppo, a riguardo, siamo pessimisti.
Migliaia se non centinaia di migliaia di migranti (rifugiati e non) rischierebbero nuovamente, dopo aver dovuto attraversare l’Egeo, la propria incolumità per raggiungere le coste italiane a bordo di gommoni e altre imbarcazioni. Tutto questo non lo possiamo accettare. Non possiamo accettare di continuare a vedere persone mettere a rischio la propria vita. Vite che possono essere salvate attraverso voli di linea (come quello di oggi, 29 febbraio, in cui 100 siriani sono atterrati in Italia). Altro grosso rischio è che il nostro paese possa diventare un immenso campo profughi ed ereditare le situazioni drammatiche che la Grecia sta vivendo da parecchi mesi. Il 7 marzo, data del prossimo summit tra i capi di stato dell’Unione Europea e la Turchia, ci darà, ci si augura, le risposte necessarie ad affrontare, una volta per tutte, la questione migranti. Non vogliamo essere allarmisti ma, se le risposte non arrivano, prepariamo a continuare a vedere caos e morti a pochi chilometri dalle nostre coste, quelle