In questi giorni le tensioni sono serie e preoccupanti, quindi per una certa percentuale è più che comprensibile che anche il prezzo del grano sia aumentato. Tuttavia l’entità dell’aumento nasconde molto di più. Un aspetto è sicuramente economico e commerciale, infatti non bisogna dimenticare che l’Ucraina è il quinto esportatore di grano al mondo (per esempio l’Egitto si rifornisce proprio dall’Ucraina, ma anche dalla Russia, per poter far fronte alle proprie esigenze di consumo interno). Stesso discorso anche per il granoturco, sebbene in misura minore. La preoccupazione dei mercati potrebbe dunque essersi focalizzata sul rischio di una interruzione dei bastimenti navali verso i paesi importatori, sebbene la maggioranza degli analisti ritenga questo scenario meno plausibile. Altrettanto vero è che, sempre i mercati, potrebbero essersi focalizzati sui milioni di tonnellate di grano già acquistati ma ancora in attesa di essere imbarcati e inviati ai paesi acquirenti. In questo caso, in un parallelo con quanto accaduto in Argentina, i produttori di grano potrebbero arrivare a ignorare gli accordi commerciali, trattenendo le consegne, per far fronte ad eventuali crolli della valuta ucraina.
Le precedenti affermazioni sono entrambe vere, dunque una parte dei rialzi di ieri è dovuta principalmente al timore che un peso massimo dell’esportazione del grano, nel mondo, possa interrompere le proprie forniture per via della guerra.
Vi è però un aspetto, forse meno commerciale, ma più legato alla geopolitica che, secondo noi, non solo potrebbe essere alla base delle tensioni esplose già in piazza Euromaidan, ma anche nei movimenti speculativi intorno al prezzo del grano. Sappiamo per certo che l’Ucraina costituisca un obiettivo allettante per l’Unione Europea, per via delle materie prime presenti al di sotto del suolo ucraino (in realtà nulla di così insostituibile a livello di output delle forniture), a questo si aggiunga la questione del gas (in questo caso il tema è e rimarrà: chi comanda sul rubinetto dei gasdotti). Ma l’UE è fortemente interessata all’Ucraina per un altro motivo (sempre di risorse si tratta): l’agricoltura, i campi da coltivare. Agricoltura e manodopera a basso costo, questo sono sicuramente due delle motivazioni principali dell’interesse UE in Ucraina. Ma l’UE arriva tardi.
Pochi mesi orsono è iniziato un imponente tavolo negoziale tra Ucraina e Cina, proprio sulle materie prime e, guarda caso, proprio sul grano. La Cina è affamata di qualsiasi tipo di materia prima, questo lo sappiamo tutti e dunque il governo centrale è sempre alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento. Come se le procaccia? Affittando de facto il 5% della superficie dell’Ucraina: parliamo di 3 milioni di ettari (il Belgio per intenderci o, se preferite, Lombardia, Valle d’Aosta e Molise messe insieme). E nonostante l’accordo non sia ancora stato siglato in via definitiva, ne esistono altri con la Cina: sono in discussione prestiti da miliardi di dollari ma anche costruzione di infrastrutture e l’ammodernamento complessivo del sistema produttivo agricolo. Insomma, una partnership estremamente vantaggiosa per l’Ucraina che instaurerebbe uno scambio privilegiato con la Cina, non con l’UE.
Alla luce di questi fatti, il silenzio prolungato delle autorità cinesi, nonchè quell’unico asettico comunicato rilasciato meno di 48 ore fa, si spiega pienamente e assume una nuova valenza. Intorno all’Ucraina c’è molto di più di quanto è stato raccontato in questi anni: c’è una potenziale “Cin-Ukraina”, c’è il cortile di casa della Russia, c’è il potenziale granaio d’Europa.