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Quale futuro per il titolo V della Costituzione?

In tutti questi ultimi mesi, settimane e giorni, si è sentito parlare parecchio della riforma Costituzionale del Governo Renzi. I toni si sono accesi più e più volte e il dibattito diventerà sempre più rovente in futuro. I contenuti negli stessi dibattiti si sono concentrati solo su alcuni aspetti della stessa riforma: nuovo senato, costi, legge elettorale collegata ecc ecc. Analizzando gli articoli della della riforma costituzionale si nota però anche una sostanziale, e quindi importante, modifica del titolo V della nostra Costituzione e dei rapporti tra il governo centrale e gli enti locali. Gli articoli che ci interessano, sono compresi tra l’art. 24 e l’art. 30. L’articolo 26 è volto a modificare l’articolo 117 della Costituzione e ridefinisce la ripartizione delle competenze superando la cosiddetta “competenza concorrente”. Occorre precisare che tale modifica è strettamente legata al nuovo assetto bicamerale previsto dalla riforma stessa. 

La modifica dell’articolo 117 comporta la soppressione dell’elenco delle materie in cui concorrono sia la competenza legislativa dello Stato, sia la competenza legislativa delle Regioni. Al Governo invece è riconosciuta la possibilità di intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o questo è necessario per la realizzazione di riforme economiche o sociali di interesse nazionale. Sono previste, da parte del Governo, per quanto riguardo l’esercizio della funzione legislativa di materie o funzioni di competenza esclusiva statale ad una o più Regioni, escluse materie quali “ordine pubblico e la sicurezza”, “polizia amministrativa locale”, “cittadinanza, lo stato civile e le anagrafi”, “giurisdizione e le norme processuali” e “l’ordinamento civile e penale e la giustizia amministrativa”. L’analisi del nuovo riparto delle competenze necessita di partire da un importante trasferimento, in capo alla competenza esclusiva dello stato, delle norme generali sul procedimento amministrativo. Le lettere quali “h”, “i” ed “l”, ovvero “ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale”, “cittadinanza, stato civile e anagrafi”, e “giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa” rimangono invariate con la nuovo riforma. Le norme generali per la tutela della salute, garantito come diritto fondamentale nell’art. 32 della Costituzione, la sicurezza alimentare e la tutela e la sicurezza sul lavoro, che attualmente rientrano nella competenza concorrente, passano di competenza allo Stato. Altro importante trasferimento lo si ritrova anche alla lettera n, ovvero l’istruzione universitaria e la programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, che rientravano nelle materie concorrenti. Altre materie come la previdenza complementare e integrativa, lettera o, il commercio con l’estero, lettera q, l’ordinamento sportivo, lettera s , l’ordinamento delle professioni intellettuali e della comunicazione, lettera t, passano di competenza statale. Nella lettera s viene riportata alla competenza esclusiva “ambiente, ecosistema, beni culturali e paesaggistici; norme generali sulle attività culturali, sul turismo..” con la volontà di semplificare il riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni. Di notevole importanza sono le nuove lettere v e z. Queste ultime si riferiscono alla competenza esclusiva dello Stato in materie fondamentali come la “produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia” e “infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civile, di interesse nazionale e internazionale”. 

Alle regioni spetta, in primis, la potestà legislativa nelle materie non riservate alla legislazione esclusiva dello Stato “con particolare riferimento alla pianificazione e alla dotazione infrastrutturale del territorio regionale e alla mobilità al suo interno, all’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese, dei servizi sociali e sanitari e, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, dei servizi scolastici, nonché all’istruzione professionale”.

Indubbiamente una delle difficoltà maggiori del nostro apparato organizzativo è rappresentato da un livello burocratico che ha causato un importante gap rispetto ad altri paesi come Francia e Germania. Quest’ultimo paese, come analizzeremo in un prossimo articolo, ha saputo sfruttare, e lo fa tutt’ora, le diverse peculiarità dei diversi Länder. L’Italia non c’è riuscita, o almeno in parte. Sfruttare i diversi punti di forza delle nostre regioni è, a nostro avviso, il presente ed il futuro da seguire. Siamo quindi a favore di una possibile riforma costituzionale che vada però a vantaggio degli enti locali, enti che, con l’approvazione della riforma, si vedrebbero spogliati di importanti competenze che hanno dato risultati positivi. Far tornare gran parte dei compiti in capo allo stato non è la soluzione giusta o, meglio, necessaria per il futuro del nostro paese. Il titolo V della nostra Costituzione è fondamentale e non può essere modificato senza una condivisione unanime delle varie componenti politiche ed istituzionali del paese e, soprattutto, non può dipendere da slogan che spostano l’attenzione dalla sostanza della riforma al futuro del governo stesso.