Di chi è il compito di prevenire il terrorismo? Delle forze di sicurezza e della magistratura? Sicuramente sì. Ma oggi, nell’attuale situazione internazionale, europea e nazionale, il compito di evitare attentati terroristici, in particolare nel medio e lungo termine, è compito del legislatore.
Ed è proprio il legislatore che in Europa, così come in Italia, non ha ottemperato a questo suo preciso dovere.
Nessuna legislazione è risultata efficace nel prevenire attentati, o nel ridurre il rischio degli stessi da Charlie Ebdo fino ad arrivare a Barcellona. Ad esempio i parlamenti non hanno adottato una proposta molto chiara, e cioè quella di revocare la cittadinanza ai foreign fighters, permettendo alle migliaia di combattenti nel teatro siro-iracheno di tornare legalmente in Europa e poter usufruire della libera circolazione sul territorio dell’Unione.
Revocare la cittadinanza a queste persone, come da noi proposto quasi due anni fa, quando si intravedeva l’inizio della fine dello Stato Islamico, avrebbe fatto sì che oggi i nostri sistemi di sicurezza avrebbero dovuto occuparsi di meno sospetti in patria e avrebbero potuto utilizzare le risorse a disposizione per individuare i radicalizzatori, e conseguentemente espellerli.
Ecco arriviamo al secondo punto, le espulsioni.
Le espulsioni devono essere rese molto più semplici ed applicate a discrezione dell’esecutivo, e a nostro avviso anche dei Prefetti, giustificate dall’introduzione specifica di una fattispecie di reato o comportamento sovversivo, che potrebbe essere denominato “attività di destabilizzazione dello stato” e “attività di reclutamento per la destabilizzazione dello stato”. Inneggiare alla Guerra Santa, incitare ad uccidere persone a causa della loro etnia o religione, organizzare viaggi finalizzati a combattere per entità classificate come terroristiche, tenere comizi o sermoni che incitino a compiere attentati o stragi, dovrebbe equivalere ad espulsione immediata, per i non cittadini italiani, e revoca della cittadinanza e successiva espulsione per coloro i quali hanno ottenuto la cittadinanza dopo l’arrivo in Italia. Per i cittadini italiani si dovrebbero invece aprire le porte del carcere.
Per attuare queste politiche è tuttavia indispensabile avere piena coscienza riguardo chi siano le persone che risiedono nel nostro paese, e per ognuna di queste quale sia la sua origine e la sua cittadinanza: ecco perché il tema dell’immigrazione è strettamente legato al tema della sicurezza. Non avere coscienza di chi sono le persone presenti sul nostro territorio, e permettere una immigrazione senza regole, mina profondamente le basi della nostra Repubblica.
Come avete avuto modo di leggere, anche il tema della cittadinanza impatta su questo tipo di politiche ed ecco perché la cittadinanza non deve essere considerata come un diritto automatico per coloro i quali non hanno origini italiane. La cittadinanza non va a nostro avviso concessa in maniera superficiale, o peggio ancora, automatica. La cittadinanza va concessa con rapidità alle persone immigrate che dimostrano fattivamente di amare il nostro paese, di essere giunti in Italia perché ritengono la nostra nazione un esempio ed un luogo di cui apprezzano stile di vita e cultura.
La cittadinanza va negata, senza se e senza ma sine die, a chi viene nel nostro paese con la volontà di limitare i diritti delle donne, le libertà personali e di parola. La cittadinanza non va concessa a chi ha come obiettivo trasformare il nostro paese in una teocrazia, o in un luogo dove la principale fonte del diritto è un testo sacro.
Non è aumentando le pattuglie nelle strade che sconfiggeremo i terroristi, non è armando i civili che eviteremo le stragi, non è mettendo blocchi di cemento agli imbocchi delle nostre aree pedonali che ci libereremo della paura delle stragi causate dal terrorismo islamista, non è limitando la nostra libertà che fermeremo il terrore, e non sarà distribuendo accoglienza illimitata e cittadinanza automatica che determineremo la fine dell’odio verso la nostra cultura, il nostro modo di vivere, la nostra libertà e le nostra democrazia.
Non è più il tempo dei gessetti colorati, dei gattini, delle fiaccolate, dei minuti di silenzio nelle assemblee legislative. E’ tempo che il governo, ed al suo fianco, anzi prima ancora del governo, che il parlamento agisca concretamente per impostare un combinato di provvedimenti capace di spegnere l’incendio che da troppi anni, nella generale sottovalutazione, brucia nel nostro continente, un incendio che noi stessi abbiamo contribuito ad applicare con la nostra ingenuità, a volte con la nostra stupidità.
Ogni forza politica, di maggioranza e di opposizione, ha il dovere di proporre la propria proposta di legge nelle aule di Camera e Senato. Una cosa d’altri tempi, anch’essa quasi sovversiva per i tempi cui siamo abituati: che il Parlamento torni ad appropriarsi del potere legislativo.