Questa volta però facciamo una piccola eccezione, in quanto la stabilità del governo italiano potrebbe essere in discussione e con essa le residue speranze di una “rivoluzione” dell’assetto istituzionale dello stato, a nostro avviso fondamentale, per la futura governabilità dell’Italia.
Il nostro paese soffre spesso di immobilismo politico ed istituzionale, non sempre ascrivibile alla poca capacità del politico di turno. La nostra cronica incapacità di decidere e la caratteristica di essere, come paese, in ritardo nella formulazione delle leggi e nelle risposta ad un mondo estremamente dinamico, risiede molto spesso nell’assetto del nostro stato, un assetto istituzionale che prevede una fortissima frammentazione dei poteri, un bicameralismo a parità di poteri (ci rifiutiamo di chiamarlo come si dovrebbe bicameralismo perfetto, perché è tutto tranne che perfetto), la presenza di un minimo potere esecutivo del Governo e un tutore della Repubblica, e di tutta l’architettura dello stato, eletto in maniera indiretta come il Presidente della Repubblica.
Questa architettura dello Stato nasce dalla sconfitta italiana nella seconda guerra mondiale e dalla volontà dei padri costituenti (e delle potenze vincitrici della guerra mondiale ancor di più) di impedire che l’Italia potesse tornare una dittatura in maniera facile (e questa parte ci piace molto) ma anche dalla volontà di impedire al nostro paese di prendere decisioni rapide, fattore determinante per competere nel mondo al pari delle nazioni vincitrici, tutte dotate di sistemi di governo più snelli e meno macchinosi del nostro.
Chiunque in passato abbia cercato di scardinare tale architettura dello Stato ha incontrato ostacoli insormontabili che alla fine hanno determinato la caduta non solo del progetto di riforma istituzionale ma anche dello stesso governo che aveva tentato il cambiamento.
Anche questa volta il copione si ripete: al tentativo del presidente Renzi di cambiare l’assetto costituzionale della nostra Repubblica corrisponde un levarsi coordinato di voci contrarie, indisposte, critiche ed insopportabilmente melense.
Come da copione anche gli alleati “di peso”, nazionali e soprattutto internazionali, si allontanano dal nostro presidente del Consiglio e cercano ancora una volta di lasciare l’Italia incatenata al 1948 e ad una Costituzione, tanto tranquillizzante per l’assetto democratico, quanto in grado di anestetizzare un paese che rischia di annegare nella competizione globale.
Tante volte in questi mesi abbiamo sentito parlare il Presidente del Consiglio Matteo Renzi di Gufi che continuano a parlare del declino della nostra nazione, di Gufi che sperano nel mantenimento dello status quo per piccoli interessi personali, di Gufi che sogghignano ad ogni inciampo del nostro Paese.
Ma Presidente guardi bene, appollaiati sugli alberi infidi della foresta del potere, ci sono degli Avvoltoi che aspettano un suo passo falso per far tornare tutto indietro, e non ci sono solo Gufi portasfiga che possiamo esorcizzare con un discorso.
Gli Avvoltoi attendono di banchettare ancora una volta a spese sue e di tutta la Nazione, se lei non avrà al fianco la grande maggioranza degli italiani essi vinceranno e noi ancora una volta resteremo immobili a vedere lo scempio.
Lei si è chiuso nel Palazzo, sta lasciando la piazza agli avvoltoi, non basta un messaggio su Twitter, non bastano gli 80 euro, non basta un videomessaggio, contro gli Avvoltoi serve un popolo motivato che riconosca un leader che si mostri come tale, ora non tra un mese, ora nelle piazze, ora o mai più.
Addendum
Avremmo scritto un post simile chiunque fosse stato il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica. Questo post non rappresenta un appoggio a questo particolare governo ma una analisi generale sull’interesse nazionale. L’Italia e gli Italiani troppo spesso preferiscono vedere la parte politica avversa cadere, anche a prezzo di un danno per la Nazione.
Questo atteggiamento deve cambiare, in caso contrario aspettate serenamente gli avvoltoi, ma ricordate che il loro pranzo siete voi.