Un piano che potrà contare su un fondo di 4 miliardi di dollari, dedicato specificamente allo sviluppo economico dello stato palestinese, sviluppo indispensabile per migliorare non solo le condizioni di vita della popolazione palestinese, ma per diminuirne la dipendenza dal sostegno economico, spesso interessato, di molti stati esteri.
Il piano in realtà non è una novità assoluta, esso fu delineato con grande chiarezza nel 2001 durante il vertice G8 di Genova, presieduto dall’Italia. In quella occasione nel documento finale si esprimeva la volontà di istituire un piano di aiuti economici alla Palestina sul modello del piano Marshall (dal nome dell’allora Segretario di Staro Ameicano) voluto dal presidente Truman nel secondo dopoguerra, che oggi potremmo chiamare piano Kerry.
La soluzione del conflitto tra Israele e Palestina risulta essere, ora come allora, dipendente dall’indipendenza economica e dal benessere dei palestinesi. La sola creazione dello stato palestinese, se povero, analfabeta, e dipendente dai vicini non risolverebbe, anzi forse aggraverebbe la situazione attuale.
Le organizzazioni il cui obiettivo era nel 2001 ed è oggi nel 2013 la guerra continua tra Israele e la Palestina, si opporranno in ogni modo allo sviluppo della Palestina. Questo aspetto è molto chiaro al Segretario Kerry, che con la sua dichiarazione odierna ha forse cercato di forzare la mano di tutti coloro che spingono per non far decollare l’economia palestinese.
Gli analisti di GPC ritengono che il governo di Israele sia seriamente interessato ad una soluzione omnicomprensiva del conflitto con i palestinesi e che il governo Netanyahu sia favorevole al piano di indipendenza economica dei palestinesi. Nel passato, infatti, molti dei terroristi che hanno seminato il panico in Israele univano in loro due elementi determinanti: l’odio per gli israeliani e l’estrema povertà. Questi due elementi presi singolarmente non sono in grado, nella stragrande maggioranza dei casi di generare un terrorista. Ma quando questi due fattori sono entrambi presenti la promessa di una lauta ricompensa, in cambio del martirio, ha in passato spinto molti palestinesi ad immolarsi per la causa.
Una Palestina ricca e prospera non eliminerebbe in senso assoluto il rischio del terrorismo, in quanto un piccola frazione di idealisti rimarrebbe sempre in seno alla società palestinese, così come esiste in ogni società dell’est o dell’ovest, ricca o povera, ma cancellerebbe il grande bacino di arruolamento da dove storicamente i falchi attingevano molte delle loro reclute per gli attentati contro gli israeliani.
Ecco, in sintesi, che la notizia di un prossimo piano Kerry per la Palestina apre realisticamente, dopo oltre 60 anni, la speranza di una pace vera e duratura tra arabi e israeliani.
La foto nell’articolo ritrae la locandina del piano Marshall per l’Europa dopo la seconda guerra mondiale.
Piano Kerry per la Palestina in arrivo 4 miliardi di dollari
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