Questa notte abbiamo ascoltato il discorso sullo stato dell’Unione del presidente americano Obama. Il discorso sullo stato dell’Unione solitamente è un’occasione di condivisione bipartisan dove maggioranza e opposizione del Congresso mostrano pubblicamente il loro appoggio al detentore del potere esecutivo e comandante in capo delle forze armate.
Questa volta l’atmosfera al Campidoglio era molto diversa, volti tirati, sorrisi ridotti ai minimi termini così come gli applausi della platea di senatori e rappresentanti della camera, riservati unicamente ai passaggi del discorso del presidente che hanno toccato i successi raggiunti dalla nazione americana e dai progetti a lungo temine in campo economico ed infrastrutturale. Perché invece spesso sono mancati gli applausi sui temi di geopolitca e strategia internazionale?
Perché il presidente Obama ha relegato in un angolo il Congresso, lo ha di fatto escluso dalle scelte di geopolitica ed economia che egli prenderà in questo sesto anno alla Casa Bianca.
Obama che da senatore aveva spesso criticato il presidente Bush per l’occasionale ricorso ai poteri di decretazione presidenziale oggi, davanti al parlamento americano, afferma che egli andrà avanti da solo, sempre e comunque, anche se non troverà l’appoggio del
Congresso. Obama è poi andato oltre assicurando di porre il Veto presidenziale alle iniziative del Congresso che non rispecchiano la sua visione strategica, un esempio su tutti il nucleare iraniano. Il presidente ha promesso di utilizzare il potere di
Veto, e rendere quindi nulla la legge promulgata dal Senato, nel caso in cui i senatori approvassero le sanzioni automatiche contro la Repubblica Islamica dell’Iran applicabili se dovesse fallire l’accordo temporaneo sul nucleare in vigore dal 20 gennaio scorso.
Obama ha poi preso posizione anche sulla rivolta che è in atto in Ucraina, appoggiando a parole le richieste dell’opposizione. Egli ha dichiarato che le richieste dell’opposizione (egli ha detto del popolo dell’Ucraina, ma l’espressione non è certo la più corretta) hanno il diritto di essere ascoltate, parole che rappresentano una vera e propria ingerenza negli affari interni ucraini e che rischiano di rafforzare la posizione di coloro i quali hanno, all’interno del movimento di piazza, le idee più radicali e violente.
Dal punto di vista economico il fattore più importante è sicuramente il proposito del presidente di favorire la produzione di beni “Made in Usa” piuttosto che utilizzare paesi esteri come fornitori di beni per gli americani. Questa politica, assolutamente condivisibile, si baserà su forti detrazioni fiscali per le aziende che scelgono di produrre negli Stati Uniti e di riportare in patria le produzioni oggi presenti all’estero. Contemporaneamente il governo federale si impegna nello sviluppo di una rete infrastrutturale (strade, autostrade, ferrovie, porti e aeroporti) per favorire sia la produzione interna sia le capacità di export degli Stati Uniti. Il Presidente ha poi evidenziato che per fornire energia ad una America in crescita la sua amministrazione punta ad un mix energetico di nucleare, combustibili fossili e energia rinnovabile, dove il gas Gas naturale ha un’importanza fondamentale anche, secondo il presidente Obama, nel settore dell’auto trasporto, dove egli intende favorire lo sviluppo di una rete di distributori di metano per automobili.
Un discorso dai due volti, un discorso applaudito ed appoggiato in maniera bipartisan per le politiche di sviluppo della Nazione, ma per nulla condiviso nelle scelte geopolitiche e strategiche.
Questo potrebbe essere l’ultimo anno di potere quasi assoluto del presidente americano, egli per evitare un successo repubblicano alle elezioni di medio termine ha deciso di diventare protagonista assoluto delle scelte della nazione, ma se dovesse fallire sarebbe per gli ultimi due anni un uomo solo al comando degli Usa.